Testo
ATTO PRIMO
Parco del Castello di Woodstock il quale vedesi in
distanza fra le querce, e i platani da cui è circondato. Tutto
d'intorno giardini, e boschetti. Si sente suono di trombe in
distanza. Terrazzani di Woodstock che accorrono da ogni
parte.
Scena prima
DONNE
Non udiste? Un suon di tube
echeggiò di colle in colle.
UOMINI
Polverio sembiante a nube
via pei campi al ciel si estolle:
sventolò, brillò da lunge
il cimier del nostro re.
TUTTI
Accorriamo: egli è che giunge...
Il re nostro... Viva il re.
Giù pe' clivi, per le aiole,
pei giardin, pei prati aperti
sì cogliam, spargiam viole,
ne tessiam ghirlande, e serti...
Ne spargiamo a mani piene
il sentiero al regio piè.
Accorriamo, ei viene, ei viene...
Viva Enrico! viva il re.
(il popolo va incontro al re)
Scena seconda
Leonora ed Arturo.
ARTURO
Dove inoltri?
LEONORA
Che paventi?
Ti difende Leonora.
ARTURO
Odi...
LEONORA
Invan sopir tu tenti
il furor che mi divora,
io vedrò la mia rivale...
l'infedel sorprenderò.
ARTURO
(Ciel! Qual mai poter fatale
il segreto a me strappò!)
LEONORA
E in oblìo così ponesti
mia pietà, garzone ingrato?
ARTURO
Ah! non mai... tu m'accogliesti
orfanello abbandonato; io per te...
LEONORA
Per me ti lice
vagheggiar destin felice,
posseder un ben che tolto
senza me ti fora ognora.
ARTURO
Che di' tu?
LEONORA
Ti leggo in volto. L'ami?...
ARTURO
Io!...
LEONORA
Si ti leggo in cor.
Fé mi serba, mi seconda:
sposa tua sarà Rosmonda.
A tal patto io le perdono
il dolor che costa a me.
Tu se l'ami, tu m'aita
a difender la tradita,
la sua destra ch'io ti dono
sarà premio di tua fé...
(musica, e voci)
ARTURO
Giunge il re: perduto io sono...
Vieni, vieni...
VOCI
Viva il re!
Partono.
Scena terza
I Terrazzani recano ghirlande, e spargono fiori,
e cantano al suono di rusticali strumenti il
seguente coro. Esce quindi Enrico preceduto, e seguito
da numeroso corteggio di uffiziali, di guardie ecc.
CORO
Amor, che tutti accende
de' tuoi vassalli i cor,
noi, semplici pastor,
a te conduce;
a te ghirlande appende,
non già di gemme, e d'or,
ma degl'ingenui fior
che il suol produce.
D'un tuo sorriso almeno
degnati tu, signor;
alla virtude ancor,
son premio i fiori.
Quando di Londra in seno
ritorni vincitor,
Londra, per farti onor,
t'offra gli allori.
ENRICO
Dopo i lauri di vittoria
son pur dolci i fiori al prode.
Dopo i cantici di lode
caro è l'inno dell'amor.
Il pensier sublimi, o gloria;
ma l'amor consola il cor.
CORO
Non sdegnar de' nostri campi,
sommo re, l'umil soggiorno;
anche i campi a te d'intorno
chiari son del tuo splendor.
ENRICO
(Potessi vivere
com'io vorrei,
lontan dagl'uomini
i giorni miei!
Potessi almeno
de' boschi in seno,
o mio bell'idolo,
fuggir con te?
Che val la gloria
se tuo non sono,
ah! più che il trono
sei tu per me)
Alle acclamazioni di "Viva il re" difila il corteggio, e si
allontana. Mentre Enrico vuol partire s'incontra in Clifford.
Scena quarta
Enrico e Clifford.
ENRICO
Chi veggio? Tu, Clifford?
CLIFFORD
Compiuto in Francia
l'illustre incarco a cui mi elesse un giorno
il regio tuo favor, in patria io torno.
ENRICO
(Funesto arrivo!)
CLIFFORD
Ad abbracciar contento
men già la figlia che di qui non lunge,
nel castello natìo lasciai partendo;
ma te qui giunto intendo;
ed il paterno amor cede al dovere
di suddito fedele.
ENRICO
(E il caro pegno io gli rapìa, crudele!)
CLIFFORD
Possa la mia venuta
util recarti almen! Possa al tuo core
risparmiare un rimorso!
ENRICO
(Oh ciel!)
CLIFFORD
Perdona
al vecchio istitutor de' tuoi prim'anni
il libero parlar: è voce intorno
che cieco amore la tua gloria oscura,
che chiusa in queste mura
serbi ignota donzella, e che per lei
poni in non cal di sacro imene i nodi,
di Leonora i dritti, e gloria, e onore.
ENRICO
Nobil Clifford! Nudo io ti svelo il core.
Amo; né forza umana
può spegner l'amor mio.
CLIFFORD
Come? E in tal guisa
a Leonora mancherai di fede?
De' sacri altari al piede
di', che giurasti tu?
ENRICO
Nol so: m'avvinse
ragion di stato. Mi discioglie adesso
ragion del cuore.
CLIFFORD
Oh! a qual trascorri eccesso!
Né vedi l'avvenir? Né temi l'ira
dell'offesa regina? E andrà sossopra
tutta quanta Inghilterra? E per chi mai?
Rispondi.
ENRICO
Amo, io ti dissi, e dissi assai.
Tu non conosci il merto
di quel celeste oggetto;
quando ti fia scoperto
non parlerai così.
Dirai, virtù, l'affetto
che l'alma mia rapì.
CLIFFORD
Qualunque sia l'oggetto
che te colpevol rende,
indegna al mio cospetto
e di mirare il dì.
Empia, le leggi offende:
vile, l'onor tradì.
ENRICO
Io lo tradiva, io solo,
che al padre la togliea...
CLIFFORD
Ha padre! E a lui tal duolo
non risparmiò la rea!
ENRICO
Ah! se sapessi! Io deggio
a questo padre il seggio...
ed in mercè rapita
ogni sua gioia io gli ho.
CLIFFORD
Lasso, e rimase in vita?...
né di dolor mancò!
ENRICO
Pria che sul capo mio
piombi sì ria sventura!
CLIFFORD
Ah! se maggior poss'io
render la sua sciagura.
ENRICO e CLIFFORD
Tronca i miei giorni, o Dio;
assai vissuto avrò.
CLIFFORD
La sciagurata scoprimi...
che alla virtù lo renda...
ENRICO
Andrai... Ma tu magnanimo
fia che pietà ne prenda...
CLIFFORD
Pietà?... Non mai... non merita
l'infamia sua pietà.
ENRICO
Va'! tu primier dimentico
sarai d'un lieve errore:
tu la vedrai con giubilo
sposa del tuo signore...
e padre a lei, non giudice
te questo onor farà.
CLIFFORD
Tanto con te colpevole
non isperar ch'io sia;
spinta all'abisso orribile
ella per me non fia...
la sua virtute a scuotere
tuonar mia voce udrà.
(partono)
Sala nella torre di Rosmonda, grandi invetriate di fronte da
cui veggonsi gli spalti del Castello.
Scena quinta
Rosmonda sola.
ROSMONDA
Volgon tre lune, ahi! lassa! e il dì ricorre.
Il fatal dì, che in queste mura io gemo
di rimorso, e di amor... Oh! tristo giorno!
Le mie lagrime accresce il tuo ritorno!
Oh, padre, o patrii colli,
oh, mio dolce ritiro, ove tranquilla
e innocente Io vivea,
vi rivedrò più mai misera, e rea?
O Edegardo! Edegardo!
Se non tornassi più... Se i giuramenti
oblìar tu potessi!... Ah, più discaccio
questo orrendo pensier, sempre più torna
alla mente atterrita!...
Vieni, Edegardo mio, vieni, mia vita!...
Perché non ho del vento
l'infaticabil volo?
Lunge in estraneo suolo,
ti seguirei mio ben.
Dove tu sei... sen volino
i miei sospiri almen.
(odesi di dentro preludiare sul liuto la medesima aria,
Rosmonda porge l'orecchio)
Tenero Arturo!
Ei sol mi ascolta, ei solo
in queste a miei martir mura tacenti
mi compiange, e risponde ai miei lamenti.
ARTURO
(di dentro)
Perché non ho del sole
gli onniveggenti rai?
Sempre dovunque vai
io ti vedrei mio ben.,
Ove tu sei ti veggano
i miei pensieri almen.
Rosmonda ripete i due ultimi versi. La canzone
prosegue:
ARTURO
(come sopra)
Invan da te mi parte
di rio destin tenore:
varca ogni spazio amore,
teco son io, mio ben.
Lontane ancor s'incontrino
l'anime nostre almen.
ROSMONDA
Oh, come tosto,
il giovine gentil la mesta apprese
canzone del dolor! Anch'io l'appresi
dell'età sull'aurora.
Oh, quando fia ch'io la rammenti ancora?
Torna, ah! torna, o caro oggetto,
a bearmi d'un tuo sguardo:
vieni, o tenero Edegardo,
i miei giorni a serenar.
Ch'io riposi sul tuo petto!
Ch'io ti parli ancor d'amore
e i rimorsi del mio cuore
io potrò dimenticar...
Scena sesta
Arturo e Rosmonda.
Arturo che pocanzi era uscito, e si era fermato un
momento in disparte, si avanza con trasporto che
poi raffrena.
ROSMONDA
T'appressa, Arturo.
ARTURO
Al fin di gioia un raggio
veggo negl'occhi tuoi.
ROSMONDA
Gioia fugace,
come raggio di sole in ciel piovoso.
ARTURO
Pur lieto, e avventuroso
giorno è questo per te. (Tu soffri, o core;
ella gioisca) Dalla doma Irlanda
giunge carco d'allori il mio signore.
ROSMONDA
Edegardo! oh, contento!
ARTURO
(Oh, mio dolore!)
ROSMONDA
Né a me vien esso?
ARTURO
A te per poco il toglie
grave cura... del re: da lui spedito
or mel diceva un messo, ed aggiungea
che un vecchio cavalier libero ingresso
in queste soglie per suo cenno avrìa.
ROSMONDA
Un vecchio cavalier!... Cielo!... Che fia!
ARTURO
Nobile, e umano cor, dal re diletto,
caro a tutta Inghilterra... Egli conforto,
sostegno esser ti puote in ogni evento.
ROSMONDA
Il suo nome?...
ARTURO
Clifford.
ROSMONDA
Oh, mio spavento!
ARTURO
Tremi! Il conosci tu?
ROSMONDA
Lassa! ei m'è padre...
Rosmonda io son.
ARTURO
Rosmonda!
ROSMONDA
Ahi, sciagurata!
Chi mi asconde al suo sdegno?...
ARTURO
Alcun si appressa:
ti ritira infelice.
ROSMONDA
Ah! non poss'io...
Il tremante mio piede è fitto al suolo.
ARTURO
Eccolo.
Scena settima
Entra Clifford, Rosmonda si abbandona sopra un
sedile, e cela il volto fra le mani. Arturo va
incontro a Clifford che si arresta lontano.
CLIFFORD
(ad Arturo)
E dessa?
ARTURO
Sì...
(tremante)
CLIFFORD
Lasciami solo.
ARTURO
Deh! tu con lei severo
non ti mostrar, signore.
(parte)
CLIFFORD
Piange?... (Ah, del tutto
(osservandola da lontano)
non è virtude nel suo cor sopita)
(si appressa)
Donna, a recarti aita
eccomi a te. Sorgi... Ah! chi vedo?
ROSMONDA
(precipitandosi ai suoi piedi)
Un'empia
che implora il tuo perdono.
CLIFFORD
Mia figlia!
ROSMONDA
(ai piedi di Clifford)
Ah, padre!
CLIFFORD
Io padre tuo? Nol sono.
ROSMONDA
Deh! ti arresta! Deh! ti degna
di ascoltarmi un solo istante.
CLIFFORD
Odi tu: ti parla, indegna,
col mio labbro il ciel tonante.
Tu macchiato, o iniqua figlia,
hai l'onor di tua famiglia,
condannato a infamia eterna
il tuo vecchio genitor.
Va'! la collera superna
piombi...
ROSMONDA
(interrompendolo con un grido)
Ah! no: sei padre ancor.
CLIFFORD
Era, ahi lasso! Ell'era in pria
de' miei dì consolatrice...
le virtudi, oh ciel! m'offria
dell'estinta genitrice...
or caduta, profanata
più costei virtù non ha,
oh la madre avventurata!
Tale obbrobrio almen non sa!
ROSMONDA
Ciel! tu piangi? Ah, tu mi svena;
o m'ascondi il tuo dolore...
il tuo sdegno è minor pena,
men crudele è il tuo furore.
Ch'io mi strugga in pianto, o padre,
io per cui più ben non v'ha.
Questa almen m'impetra, o madre,
questa almen da lui pietà.
CLIFFORD
Vieni meco, ed un ritiro
celi al mondo i falli tuoi.
ROSMONDA
(Me infelice!)
CLIFFORD
Andiam... Che miro!
Esitar ancor tu puoi?
ROSMONDA
M'odi! Ah, m'odi! A me sua fede
ei promise...
CLIFFORD
Altrui la diede.
ROSMONDA
Oh terror!... Sarìa l'infido?...
CLIFFORD
Già marito... trema... È il re.
ROSMONDA
Oh! qual velo è a me squarciato!
Quale abisso a me s'addita!
Tu dal ciel sei vendicato,
crudelmente io son punita...
Era meglio il cor passarmi
che destarmi a tanto orror.
CLIFFORD
Piangi meco, o sventurata...
Piangi in sen del genitore.
Sei dal cielo perdonata
se detesti il traditore:
tutto, ah! tutto io non perdei,
tu mi sei renduta ancor.
Odesi una voce.
ENRICO
Rosmonda!...
(di dentro)
ROSMONDA
È desso... il perfido...
Agli occhi suoi mi cela.
CLIFFORD
Vieni, fa cor.
ROSMONDA
Sostienmi...
(cade svenuta)
Il giorno a mesi vela.
Scena ottava
Enrico e detti.
ENRICO
Che veggio?
CLIFFORD
La tua vittima, mira.
(additandole Rosmonda svenuta)
ENRICO
Clifford! (Che fèi?)
CLIFFORD
Compi l'eccesso; uccidila:
ella respira ancora.
ENRICO
Rosmonda!
ROSMONDA
(rinvenuta)
Fuggi, involati,
sposo di Leonora.
ENRICO
Lo fui.
ROSMONDA
Lo sei. Va', barbaro.
CLIFFORD
Non l'oltraggiar di più.
ENRICO
Ah, senti!
CLIFFORD
É vano.
ENRICO
Ascoltami
almen, Rosmonda, tu!...
ROSMONDA
Io ti ascoltai!...
(piangendo)
ENRICO
Non piangere,
solleva in melo sguardo.
Si appresta Enrico a compiere
i giuri di Edegardo.
Della sua destra il dono
ei prometteva a te.
La sua corona, e il trono
ora v'aggiunge il re.
ROSMONDA
(sorgendo)
Non isperar che complice
di sì gran fallo io sia:
di Leonora è il soglio;
sol la sventura è mia.
Aperto più non trovano
le tue lusinghe il cor.
Traggimi, ah, padre, ah! traggimi
lungi dal seduttor.
CLIFFORD
Or son contento: abbracciami:
son sciolti i tuoi legami.
ENRICO
Che mai farò?
CLIFFORD
(Sostienila,
ciel, che a virtù la chiami)
Vieni, partiam.
ENRICO
T'arresta:
sposa di Enrico è questa:
né tu, né il mondo intero
a lui la toglierà.
Resta.
CLIFFORD
L'ingiusto impero
io non ascolto.
ENRICO
Olà,
(forte all'ingresso)
Scena nona
Leonora seguìta dai cortigiani, dame, e guardie.
ENRICO
Ciel!
CLIFFORD
La regina!
LEONORA
Irato,
(fingendo sorpresa)
commosso il re cotanto?
Che fu? Clifford turbato?
Una donzella in pianto?
ROSMONDA
A sguardi suoi nascondimi,
o cielo, per pietà.
LEONORA
(È dessa. Alfin la perfida
giungo a mirar d'appresso.
Sottrarla a me non possono
né il re, né il cielo istesso.
Già stringe la sua vittima
il giusto mio furor)
ENRICO
(Io fremo. Invan dissimula;
tenta ingannar me stesso:
l'odio, il livor dell'animo
ha sulla fronte impresso:
già l'innocente vittima
divora il suo furor)
ROSMONDA
(Io tremo. Oh! qual terribile
sdegno in quel volto espresso!
Un Dio la guida, un vindice
del mio fatale eccesso.
A miei rimorsi, ahi misera!
Si aggiunge il mio terror)
ARTURO
(Respiro. Oh, ciel benefico!)
CLIFFORD
(Scorta qui l'hai tu stesso...
tu vuoi per lei difendere,
salvar l'onore oppresso,
vuoi ravvivar le languide
speranze del mio cor)
CORO
(Quale, in quei volti taciti,
quale furor represso!
Nunzia è tal calma orribile
che la tempesta è presso.
Ciel, tu la sgombra, e dissipa
fin che è sospesa ancor)
LEONORA
Tace ognun! Nessun risponde?
Tu, Clifford, favella almeno.
CLIFFORD
La cagion che ci confonde
tu ben sai, l'intendi appieno.
La mia figlia sventurata,
salva tu da un seduttor.
LEONORA
Figlia tua? Sì, fia salvata:
le offro un braccio protettor.
(per appressarsi a lei)
ENRICO
Ti allontana. Guai, sì, guai!
Se appressarti ardisci a lei.
Mi sei nota.
LEONORA
E noto assai,
(più non frenandosi)
traditor, tu pur mi sei,
ma paventa...
ENRICO
Leonora!
LEONORA
La rival paventi ancora.
L'ardir mio non è smarrito.
ENRICO
Leonora!
LEONORA
Io regno ancor.
ENRICO
Il tuo regno! Egli è finito.
Va'! l'impone il tuo signor.
LEONORA
Empio! Ed osi?...
ENRICO
Tutto.
LEONORA
Indegno!
ENRICO
Esci, o trema.
ARTURO e CORO
(frapponendosi)
Oh! ciel! cessate.
Deh, alla corte, a tutto il regno
rio spettacolo non date!
ENRICO
Tutto il regno in questo giorno
un maggior da me ne avrà.
LEONORA
Tanto oltraggio...
CLIFFORD
Tanto scorno...
LEONORA e CLIFFORD
Consumato non sarà.
ENRICO
Tremi ognun che cimentarmi
osi ancora, ancor si attenti.
Ho potuto assai frenarmi;
le mie smanie or son furenti,
mille volte sciagurato
chi prorompere le fa.
LEONORA
Come io sappia vendicarmi
traditore, udran le genti.
Sorgeranno all'ire, all'armi
regni, popoli, parenti...
Il furor che m'hai destato
l'universo scuoterà.
ROSMONDA
Ah! s'io deggio udir nomarmi
rea cagion d'infausti eventi,
giusto ciel, non vendicarmi
non udire i miei lamenti...
Il dolore a me serbato
lieve ancora a me sarà.
TUTTI GLI ALTRI
Deh! si tolga, si risparmi
scena orribile alle genti!
La pietade vi disarmi
di due popoli dolenti,
qual di voi protegga il fato
sangue a rivi scorrerà.
ATTO SECONDO
Gran sala nel castello che mette agli appartamenti reali.
Scena prima
Enrico è seduto ad un tavolino, i suoi consiglieri lo circondano.
Tutti sono in atto di gran deliberazione.
CORO I
Udimmo, o re: qual suddito
potria mutar tua voglia?
CORO II
Se grave è tanto e orribile,
il nodo tuo, si scioglia.
TUTTI
Ma, deh! perdona, o sire,
libero e ingenuo dire,
talvolta al ben del regno
immola il proprio un re.
CORO I
Sai che segrete vivono
lunghe discordie, e fiere...
CORO II
Sai che a tuoi danni vegliano
le gelosìe straniere...
TUTTI
Che l'Aquitania puote
da Leonora in dote
al primo che con l'armi
la vendichi di te.
Tacciono tutti, il re sorge.
ENRICO
Quanto dal vostro zelo
suggerito mi vien, tutto già volsi
meco stesso in pensier. Peggior nemica
mi è Leonora in Londra
che in Aquitania sua. Funesta dote
ella reca ai mariti, e quale, ah, pondo
lo scettro di Guienna, è noto al mondo.
Ite; e il consiglio intero
oda, e approvi il grand'atto: al dì novello
fia che rivarchi il mar, non più regina,
l'altera Leonora.
I consiglieri partono. Enrico si accorge di Leonora e
tenta partire.
Scena seconda
Leonora ed Enrico.
LEONORA
Fermati; il dì novello è lungi ancora.
ENRICO
È vero... al mio desire pigro è il volo del tempo.
LEONORA
A che l'affretti?
Che speri tu ch'ei rechi?
Ah! pria ch'ei m'abbia
dal tuo fianco a bandir, fia che rovesci
dai fondamenti suoi l'isola intera.
ENRICO
T'acqueta, ormai l'altera
favella tua più sbigottir non puote
un'alma che ha ripresi i dritti suoi.
LEONORA
Tuoi dritti? E i miei dimenticar tu puoi?
Duca di Normandia,
chi re ti fece? Chi tesori, ed armi,
chi consigli ti diede? Io sola in Londra
ti acquistai partigiani, io ti composi
i discordi voleri, io ti guidai
per facil via dell'Inghilterra al soglio.
ENRICO
E vi sedette il tuo superbo orgoglio.
Sola regnar volevi,
tu sola, in nome mio; ferreo stendesti
sulla corte il tuo scettro, e su me stesso:
devoto, e a te sommesso
per appagare ambizion fatale,
sposo cercavi...
LEONORA
Ambizione! E quale?
Mi splendeva un serto in fronte
qual non è quel ch'io ti diedi:
ebbi Europa, ed Asia ai piedi
pria che l'Anglia, ed il suo re.
ENRICO
Sulla Senna, e sull'Oronte
son pur chiari i vanti tuoi:
sul Tamigi aver non puoi
degno luogo accanto a me.
LEONORA
Or m'insulti!... E un dì sapesti
lusingarmi, o menzognero.
ENRICO
Ne ho rossore.
LEONORA
E tu cogliesti
de' miei falli il frutto intiero.
ENRICO
Ne ho rimorso.
LEONORA
Ah! l'abbi, ingrato,
di obliar l'amor giurato,
di sprezzar un cor fedele
che t'amò di tanto amor.
ENRICO
Tu mi amasti! Tu!!
LEONORA
Crudele!
Io ti amava... e ti amo ancor.
Caro, sebben colpevole,
sento che ancor mi sei;
io non ti posso perdere,
non so partir da te.
Regna pur solo e libero
sovra i tuoi Stati, e i miei.
Solo il tuo cor desidero;
tutto è il tuo cor per me.
ENRICO
Tanto dimessa, e supplice
tu per amor non sei...
l'ire che in cor ti fremono
mal tu nascondi a me.
Serba i tuoi Stati, e lasciami
pago regnar sui miei;
barriera insuperabile
fra me s'innalza a te.
LEONORA
Dunque immolarmi, o perfido,
ad altra donna or vuoi?
Parla.
ENRICO
Io vo pace: io sciogliermi
voglio dai lacci tuoi. Quel che
fia poi, nol chiedere.
LEONORA
Va' traditor; Io so
ma trema... Ancor qual esule
varcato il mar non ho.
Tu sei mio... per sempre mio;
discacciarmi invan tu brami:
sono eterni i tuoi legami;
il destin li fabbricò.
Quel ch'io posso, chi son io
tu vedrai dell'ara al piede...
altre faci, ed altre tede
di mia man vi accenderò.
ENRICO
Nel tuo cuore appien vegg'io:
nuovi orrori invan tu trami;
son già sciolti i miei legami,
una furia li spezzò.
Fra i tuoi sdegni, e l'odio mio
si frapponga il mare in guerra
ambidue l'istessa terra
sostener, nutrir non può.
Partono minacciosi.
Galleria nella torre di Rosmonda. Da un lato una scala
conduce alle sue stanze: dall'altro avvi la porta d'ingresso.
Di fronte si vede l'orologio del castello.
Scena terza
Arturo solo.
ARTURO
Che pensi, Arturo? Tanto spazio hai corso
che arrestarti non puoi: della regina
cieco tu sei strumento.
Sia pur qual volsi il suo segreto intento.
Pietà ti muova, o cielo,
la giovinezza mia... sol Leonora
in me destò questa speranza audace
ch'esser mi può fatale...
Troppo, ahi! troppo è possente il mio rivale.
Io non ti posso offrir
né gloria né splendor:
cara, non ho che amor,
non ho che un core.
Ma questo cor morir
non negherìa per te;
malo splendor d'un re
non vale amore.
Ritorna a splendere
audace speme;
possente all'anima
favella ancor,
e contro i palpiti
d'un cor che geme,
opponi i fervidi
desir d'amor.
Ma il tempo vola. Omai sgombrar mi è forza
ogni dubbiezza. Alla regina avvinto
troppo son io perché pentirmi io possa...
Fede, promessa, amor, tutto mel vieta...
Eccola.
(va ad aprire sentendo picchiare all'uscio segreto)
Scena quarta
Clifford e Arturo.
ARTURO
Oh! ciel!
CLIFFORD
T'acqueta.
ARTURO
Tu libero, signor?
CLIFFORD
Sì. La regina
sciolse i miei lacci, e per l'ascosa via,
che tu le apristi, me in sua vece invia.
Or di': verrà Rosmonda?
ARTURO
Ella il promise.
CLIFFORD
Consiglier migliore
della regina istessa
nel padre avrà.
ARTURO
Taci: alcun giunge.
Scena quinta
Rosmonda scende dalle scale.
CLIFFORD
É dessa.
ROSMONDA
Che veggo? Oh! gioia! Enrico
teco è placato!
CLIFFORD
Più cortese mano
al carcer mio mi tolse. Alla regina
tu devi il padre... e in lei salute avrai
dove tu non ti opponga al suo disegno.
ROSMONDA
Parla.
CLIFFORD
Da questo regno
partir tu devi al primo suon di squilla
che annunzi il dì morente. A te fia scorta
in Aquitania Arturo... Ivi... lontana
da un suolo testimon del tuo rossore...
il giovin generoso sposo ti fia.
ROSMONDA
Sposo!...
ARTURO
(Gran Dio!)
CLIFFORD
Sì, sposo.
Tremi!... Esitar potresti!
ROSMONDA
Misera me!
CLIFFORD
Potresti ancor nutrire
qualche ria speme!
ROSMONDA
Ogni mia speme è morta
coll'innocenza mia.
ARTURO
Il fallo è altrui. Men puro
non fece la sventura il tuo bel core,
né men cara mi sei. Beato in terra
quant'altri mai mi renderà tua mano.
ROSMONDA
Beato! Oh, Arturo! Ti lusinghi invano.
Sospiri eterni in dote
ti recherei. Veracemente amarmi
non puote un nobil cor.
ARTURO
Rosmonda!
CLIFFORD
Oh! come
mal tu travisi la colpevol fiamma
che ancor t'accende! Al seduttor serbarti
in guisa tal tu speri, empia lo vedo...
ROSMONDA
Serbarmi a lui?... Né lo desio, né il chiedo.
Io fuggirò quel perfido:
a te lo giuro e al cielo.
Fia che mi asconda agli uomini
de' penitenti il velo,
mi avvolgerò nel cenere
a piè del sacro altar...
Ma, la mia man non chiedere
io più non posso amar.
CLIFFORD
E me deserto, e vedovo
lasciar potresti, o figlia?
ROSMONDA
Lassa!
CLIFFORD
Né vuoi tu chiudere
al genitor le ciglia?
ARTURO
Odi... il paterno pianto
forza ti faccia al cor.
ROSMONDA
Oh! non amor, soltanto
chiedete a me dolor.
CLIFFORD
Risolvi...
ROSMONDA
Oh Dio!
CLIFFORD
Va! barbara!
A mie catene io riedo.
ROSMONDA
Padre! Deh! padre, ascoltami.
CLIFFORD
Io più nol sono.
(per allontanarsi)
ROSMONDA
Io cedo.
Lunge mi guidi Arturo,
mi arrendo al vostro amor.
ARTURO
Oh! gioia!
CLIFFORD
E il giuri?
ROSMONDA
Il giuro.
CLIFFORD e ARTURO
Ma che? tu piangi ancor?
ROSMONDA(1)
Lasciate che in lagrime
si strugga il mio cuore;
null'altro che piangere
rimane per me.
Per sempre sparirono
la pace, l'onore:
conforto a quest'anima
concesso non è.
(1) Lo spartito riporta i seguenti versi in musica:
ROSMONDA
Senza pace,
con un cor che troppo sente,
io vedrò l'età ridente
consumarsi nel dolor.
Ah, per me non v'ha più speme;
non v'è pace, non v'è amor.
ARTURO e CLIFFORD
Reprimi le lagrime
nascondi il dolore:
gioire, non piangere,
tu devi per te.
La pace ricuperi,
riacquisti l'onore:
intiera dei palpiti
ottieni mercè.
Clifford parte accompagnato da Arturo. Rosmonda
si getta sopra uno scanno lagrimando.
Scena sesta
Rosmonda sola.
ROSMONDA
Giurato è il sacrifizio... O ciel, mi reggi
perch'io lo compia. E il compirò: fia tronca
ogni speme così, che ancor potria
lusingar l'avvilita anima mia.
(sorge)
Rapida inoltra l'ora
prefissa al mio partir. Oh, sol! Domani
il raggio tuo nascente
vedrà sul mar le vele
che me torranno a questo suol crudele.
Ma qual d'appresso ascolto
di passi calpestìo?... Veggasi. Oh, cielo!
Il re!... si fugga.
Scena settima
Enrico e Rosmonda.
ENRICO
Me tu fuggi!
ROSMONDA
(Io gelo)
ENRICO
Rosmonda!
ROSMONDA
(Oh, fatal voce!)
ENRICO
Edegardo non odi?
ROSMONDA
Ah! mai non fossi
stato Edegardo tu! Mai non ti avessi
nel mio ritiro udito! A che mai vieni!
Il mio pianto a mirar? Onta mi fora,
barbaro, innanzi a te versarne ancora.
ENRICO
Più non ne verserai,
mai più, Rosmonda. Già d'Enrico sposa
t'acclamano i primati, e d'Inghilterra
universal desìo, ti chiama al trono...
ROSMONDA
Al pianto, al pianto condannata io sono.
Tu stesso al padre or rendimi...
consola il veglio afflitto...
minori il tuo delitto
quest'atto di pietà.
ENRICO
Te vuol rapirmi il barbaro,
te sposa altrui destina;
quando sarai regina
grazia, e favore avrai.
ROSMONDA
Regina! io!... Nol credere;
mai nol sarò.
ENRICO
Già il sei.
ROSMONDA
Ah! sol di te son vittima...
fuggi dagli occhi miei.
Ch'io più non t'oda...
ENRICO
Ingrata!
Tanto sei tu cambiata!
Sì ria mercé tu dai
all'amor mio fedel!
ROSMONDA
Il debbo... io lo giurai.
ENRICO
A chi?
ROSMONDA
All'onore, al ciel.
ENRICO
Giurasti un dì... rammentalo...
d'amarmi ognor giurasti;
presente il ciel medesimo
ai giuri tuoi chiamasti:
speranze, onor, ventura,
tutto ponevi in me...
Ah! non sarai spergiura
non mancherai di fé.
ROSMONDA
Non io, non io dimentica
son di quei giuri, il sai:
quell'Edegardo rendimi
cui l'onor mio fidai...
Quell'alma onesta e pura,
quel nobil cor dov'è?
Oh! eterna mia sventura
qui non vegg'io che il re.
Batte l'ora, Rosmonda si scuote, e prorompe in un grido.
ROSMONDA
Ah!
ENRICO
Qual terror!
ROSMONDA
Me misera!
L'ora inoltrò!
ENRICO
Qual'ora?
ROSMONDA
L'ora che dée dividerci...
Lasciami per pietà.
ENRICO
Ingrata! E insisti ancora?
ROSMONDA
Fino alla morte. Va'...
ENRICO
Concedo un breve istante
al tuo timore insano;
se puoi scordar l'amante,
rammenta il tuo sovrano...
Pensa che sprezzo, e sdegno
per la tua destra un regno,
pensa che freno, ed argine
immenso amor non ha.
ROSMONDA
Ah! nel mio cor tremante
pace tu speri invano...
Me la rapì l'amante,
darla non può il sovrano.
Penso che d'Anglia il regno
di un altro amor fu pegno;
penso che più colpevole
il tuo furor ti fa.
Rosmonda si allontana rapidamente, Enrico parte.
Parte solitaria dei giardini in Woodstock: avvi un
boschetto di platani, ed una fontana ombreggiata
da salici piangenti.
Scena ottava
È notte. Escono da varie parti i seguaci di
Leonora guardinghi, esplorando il luogo.
CORO
Ecco gli antichi platani
levare al ciel la fronte.
Sotto i piangenti salici
ecco il segreto fonte.
Giungemmo noi solleciti:
ella non venne ancor.
Presso i vicini portici
onde al castel si ascende,
alcun furtivo e tacito
vada a spiar se scende.
Se scolta intorno aggirasi
se desto è alcun romor.
Silenzio... Udiamo. È il fremito
d'aura tra fronda, e fronda...
Il fonte egli è che mormora
franto tra sponda, e sponda...
Raddensa, o ciel, le tenebre;
ci arrida il tuo favor.
(si disperdono)
Scena nona
Rosmonda sola.
ROSMONDA
Primiera io giungo, chi trattiene Arturo?
Quale inciampo il ritarda? Avria qualcuno
penetrato il disegno? Ah! tolga il cielo
che ci sorprenda Enrico... io tremo... io gelo.
Sediam. Oh! come freddi
(siede presso la fontana)
son questi marmi!... come densa e cupa
la notte che mi cinge! Ogni funesto
presentimento mio cresce coll'ombra...
rio presagio di morte il cor m'ingombra,
(sorge sbigottita)
Quale indistinto ascolto
fragor lontano... è il gemito del vento
fra ramo, e ramo... è il mormorar dell'onda.
Scena decima
Leonora e detta.
LEONORA
(da lunge)
(È dessa)...
ROSMONDA
Ah! chi parlò?...
LEONORA
(avvicinandosi)
Sei tu, Rosmonda?
ROSMONDA
(tremante)
Sì, son io... qui sola io movo
palpitante, e sbigottita.
LEONORA
N'hai ben d'onde.
ROSMONDA
O ciel! qual nuovo
sdegno in te?
LEONORA
Tu m'hai tradita.
ROSMONDA
Io!!
LEONORA
Sì, tu. Per ogni lato
corron guardie... ognuno è armato.
Per te sola, o traditrice,
il disegno è noto al re.
ROSMONDA
Noto ad esso!... oh! me infelice!
Ove è il padre? Arturo ov'è?
LEONORA
Forse in ceppi.
ROSMONDA
Oh! in lor difesa
accorriamo...
(per uscire)
LEONORA
Arresta ingrata:
(afferrandola per un braccio)
speri invan che tanta offesa
io sopporti invendicata;
l'onta mia, la mia ruìna
speri invan di consumar.
ROSMONDA
Oh! pietà; pietà regina!
Me sì rea, deh! non pensar.
LEONORA
Tu morrai, tu m'hai costretta,
tu m'hai spinta a colpa orrenda.
Non è più, non è vendetta,
non è sdegno che m'accenda.
È delirio, è insania estrema
che il pugnal brandir mi fa.
Trema iniqua, indegna, trema!
Niun da me ti salverà.
ROSMONDA
Ah! lo giuro, al ciel lo giuro,
il segreto io non tradìa.
Qui prevenni il padre, e Arturo.
Qui piangea... ma pur partia...
Immolava ai dritti tuoi
gloria, amor, tranquillità.
Se la vita ancor tu vòi...
pochi giorni... e tua sarà.
Un momento di silenzio. Leonora tiene il pugnale
sollevato su Rosmonda prostrata ai suoi piedi.
LEONORA
Sorgi, e vieni, io t'offro ancora
un sol mezzo a disarmarmi.
ROSMONDA
Qual? Favella!
Scena undicesima
I partigiani di Leonora e dette.
CORO
Leonora!
Fuggi! Enrico accorre in armi.
LEONORA
E Clifford?
CORO
In lacci è desso...
Il disegno appien mancò.
LEONORA
Tu mi traggi al nero eccesso
sorte avversa, e il compirò.
CORO
Ecco il re.
ROSMONDA
Momento orrendo.
ENRICO
(di dentro)
Mia Rosmonda!
ROSMONDA
Oh! ciel t'imploro.
Scena ultima
Enrico con seguito di armati, cavalieri e
dame, Clifford ed Arturo disarmati fra le guardie.
ENRICO
Dove è dessa?
LEONORA
Io te la rendo.
(la trafigge)
TUTTI
Ah!
ENRICO, CLIFFORD e ARTURO
Spietata!
ROSMONDA
O padre!... io moro.
CLIFFORD
Figlia! Figlia!
(precipitandosi sopra Rosmonda)
CORO
Sventurata!
Ella spira!...
TUTTI
Oh! Dio! Che orror!
LEONORA
Sono, al fine, vendicata.
Trema, Enrico! Io regno ancor.
FINE