Ape Musicale
Luigi Raso
È trionfo, non è pena
Il ritorno di Beatrice di Tenda al Teatro di San Carlo dopo sessantun anni è salutato con applausi e ovazioni.
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Fulcro vocale di questa Beatrice di Tenda è Jessica Pratt, la quale, inglese naturalizzata australiana, raccoglie idealmente il testimone di Beatrice da un’altra australiana, uno dei miti assoluti della lirica, Joan Sutherland, apparsa un’unica volta al San Carlo, proprio nelle vesti della storica eroina belliniana. Jessica Pratt, debuttante nei panni di Beatrice, domina con sicurezza e naturalezza l’intera parte; la sua vocalità, protesa verso il registro acuto, dà il suo meglio e si esalta nel florilegio di acuti, agilità, picchiettati e abbellimenti; appaiono meno a fuoco i registri medio e basso, ma il suo legato è una lezione di tecnica vocale. Ad emergere è l’interpretazione di una Beatrice energica, che si oppone con veemenza alle calunnie di infedeltà, che affronta la pena capitale con composta rassegnazione.
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Alla musicalmente spumeggiante cabaletta - “Ah! La morte cui m’appresso” - intonata dalla Pratt e al lungo acuto conclusivo seguono applausi scroscianti, prolungati e calorosissimi.
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Questa interessante ripresa si chiude con un trionfo per tutti: applausi e ovazioni come se fosse appena terminata un’incandescente Traviata. Sono queste le serate a teatro che amiamo vivere.
Artenews
Federica Fanizza
Trionfa in forma di concerto la Beatrice di Tenda
Protagonista assoluta per una sera nei panni della sfortunata Beatrice di Tenda è stata il soprano d’origine australiana Jessica Pratt.
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Jessica Pratt lavora di finezze cercando di smorzare l’andamento anche aspro dei fraseggi narrativi, attenta ai filati, alleggerendo le discese verso la parte più cupa della partitura, senza perdere la cantabilità nelle riprese di fiato; non spinge negli acuti ma eleva la voce: queste sono le sue caratteristiche fondamentali di una cantante che di questo repertorio si è fatta protagonista incontrastata. Si è ritagliata così su misura alle sue esigenze vocali, una Beatrice di Tenda sostanzialmente melanconica e rassegnata ma non vinta recuperando una dimensione lirica e non drammatica alla struttura della sua parte offrendo un’interpretazione di estatica e quasi metafisica astrazione esemplificati dalla straziante aria del secondo atto Deh! se un’urna è a me concessa, tutto un gioco di filati, pianissimi, note tenute e dopo, Ah! la morte a cui m’appresso, con le sue sorprendenti agilità. Ma sono stati gli ampi recitativi che richiedono capacità di fraseggi e di smorzare le frasi, dove ha dimostrato una dimensione di voce più strutturata, specie nei momenti di aspro confronto con Filippo degno contraltare a cui Bellini gli ha affidato una scrittura vocale specificamente belcantista a cui richiede di essere fraseggiatore dei duetti e intervenire con veemenza nei concertati d’assieme.
Operatraveller
A Feast of Bel Canto: Beatrice di Tenda at the Teatro San Carlo
Non disponibile in italiano
Then there was Pratt. I wouldn’t normally comment on a singer’s couture in a concert performance such as this, but Pratt most certainly made an entrance in the first act, in a magnificent long, flowing sky-blue dress that looked like a costume from a very traditional staging of the work. She then changed into a similarly grand black number for the second act. Pratt looked every inch the regal figure even before she opened her mouth. I must admit that my previous encounters with her have left me rather cold. Tonight was different. This is a beast of a role for the singer, but when done well the pleasure for the audience is limitless. Pratt gave us some deliciously limpid soft singing, floating the tone on the breath with exquisite ease. She embellished her lines with taste and imagination – and a genuine trill. Yes, some of her runs were a bit bumpy and the very highest acuti did tend to thin out somewhat. That said, it was absolutely thrilling to watch a singer bring such total command to the role, those hours of work in the studio apparent in the absolute and complete command of everything the role could throw at her. Pratt rose to a final scene of uninhibited bravura, ornamenting the line with imagination even in the highest reaches, taking risks with adding additional trills and excursions to the stratosphere. The audience went absolutely wild for her. It was exhilarating.
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This was one of those evenings when one left the theatre completely uplifted after watching a group of singers perform the most exciting feats of virtuosity. It gave me immense satisfaction to watch Filónczyk give us such superb bel canto baritone singing and Pratt take control and give us singing of uninhibited virtuosity. [...] As mentioned above, the audience reaction was absolutely ecstatic.
Première Loge
Hervé Casini
Nella rarissima Beatrice di Tenda, Jessica Pratt, la più italiana dei soprani inglesi, trionfa al Teatro San Carlo!
Si tratta ovviamente di Jessica Pratt, belliniana per eccellenza, che, da sola, valeva il viaggio nella città partenopea. Appena lei entra in scena, nel primo atto, con un abito blu turchese ornato di gemme e un bordo dorato, poi, nel II, con un abito nero con maniche color oro metallizzato – ornamento che scompare nella scena finale -, lui artista con riccioli rossi cadenti ricorda irresistibilmente i dipinti di un Tiziano o di un Veronese. Fin dall'inizio si avverte nella cantante britannica – ma ormai adottata anche dall'Italia – il gusto profondo per l'interpretazione scenica e l'interiorizzazione di un personaggio che, attraverso il solo impatto dello sguardo dell'artista, riesce a commuovere profondamente. Le parole poi non riescono a descrivere, dalla cavatina introduttiva “Ma la sola, ohimè! son io” fino alla scena finale “Deh! se un’urna è a me concesa” e l’allegro moderato “Ah! la mort a cui m’appresso”, l’eccezionale tavolozza di colori dispiegata da Jessica Pratt, il respiro che sembra illimitato e le delicate sfumature con cui la cantante adorna ciascuna delle sue arie. Allo stesso modo, le cabalette e gli altri momenti di coraggio, di cui la partitura è piena, non lasciano priva di nuove variazioni questa Beatrice di grande annata che, questa sera, si prende tutti i rischi e sale al do acuto ma anche al contro -re – che finale! – con un tecnicismo che lascia senza parole.
Una serata che sicuramente sarà ricordata a lungo.
Connessi all'Opera
Paola de Simone
Napoli, Teatro San Carlo – Beatrice di Tenda
Belliniana pura e al suo atteso debutto nel ruolo, Jessica Pratt è come immaginabile una Beatrice di gran temperamento, ferrea nella vitrea trasparenza con cui governa le tante e impervie colorature. In abiti da concerto ma dalla sapiente foggia teatrale (il primo turchino, il secondo nero e oro) a firma di Giuseppe Palella, vibra, s’impenna e interiorizza scolpendo a tutto tondo il personaggio fra ripiegamenti, cadenze e slanci acuminati, macinando note e acuti, giusto in un paio di casi non rifiniti o sospesi al meglio ma pur sempre miracolosi e spettacolari, tenendo testa alle sfide molteplici in pentagramma con tecnica di lusso e il pregio di delicatissimi sfumati. Nella cavatina con coro di damigelle “Ma la sola, ohimè! son io”, staccata dopo il bel si naturale a chiusura di scena, presenta con articolata espansione il suo animo dolce e dolente toccando corde lunari che tanto richiamano le tinte di “Casta diva”, per poi magnificamente dribblare con bravura funambolica tra gli acuti della cabaletta “Ah! la pena in lor piombò”, meritatamente coronata da entusiastici consensi. L’apice mirabile è come prevedibile raggiunto nella grande aria finale (Deh! Se un’urna è a me concessa), con girandola di peripezie nell’Allegro moderato (Ah! la morte a cui m’appresso) gestite ad arte fra gli estremi della sua estensione.
Il Mattino
Stefano Vallanzuolo
Jessica Pratt esalta il Bellini dimenticato
La performance della Pratt ne giustifica la ripresa
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Una gestione sontuosa dello strumento le consente di giungere fino all'ardita cabaletta finale in scioltezza
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La voce cristallina, la cura dei pianissimo sempre espressivi, la disinvoltura posta al servizio del tratto virtuosistico (ivi incluso il trillo frequente), fanno di Pratt la dominatrice della serata.
Corriere della Sera
Dario Ascoli
Il San Carlo incorona Jessica Pratt
Acuti filati, attacchi cristallini e tenuta di fiati sostenuti, il tutto con espressività memorabile. Fosse per il San Carlo, parleremmo di «Beatrice di Australia», sì perché negli ultimi sei decenni sono state due immense artiste della Terra dei Canguri a impersonare l’eroina belliniana: Joan Sutherland nel 1962 e Jessica Pratt, ieri.