Concert

Opéra Royal de Wallonie http://www.operaliege.be/fr

Liege
  • ottobre 2017
    21
    sabato
    20:00 > 23:00
    3 ore
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Concert

Programma

Stampa e Recensioni

Connessi al Opera
Francesco Bertini
Treviso, Teatro Comunale – Musica per il palato, con Jessica Pratt e Antonino Siragusa
Questa recensione si riferisce a Musica per il palato al Associazione Lirica Trevigiana.
Il soprano inglese, australiano d’adozione, offre una propria funambolica lettura di “Una voce poco fa” da Il barbiere di Siviglia, ma colpisce in particolare nel rondò finale “Tace la tromba altera” dalla rara Matilde di Shabran. Al cospetto della scrittura rossiniana, Pratt domina il pentagramma con piena padronanza e omogeneità d’emissione: tutta la zona acuta, cui s’aggiungono le frequenti puntature sopracute, è corposa e timbrata, i centri risultano sonori e sempre a fuoco, anche durante le agilità più serrate. Le medesime impressioni si hanno all’ascolto della cavatina della Comtesse Adèle “En proie à la tristesse” da Le Comte Ory. All’udire la naturalezza con la quale l’artista snocciola gli abbellimenti rossiniani, il teatro esplode in unanimi consensi e apprezzamenti.
Connessi all'Opera
Francesco Bertini
Gala lirico L’Opera per la vita
Questa recensione si riferisce a L'Opera per la Vita al Associazione Lirica Trevigiana.
La sua prova appare maiuscola, in particolare per quanto attiene l’utilizzo sempre fluido e naturale dei registri acuto e sopracuto, la rotondità della zona centrale e l’attento dosaggio delle sfumature, tanto rilevanti in “Ah, non credea mirarti… Ah! Non giunge” da La sonnambula di Bellini e nell’ampio finale del primo atto della Traviata, dove il soprano investe appieno i propri mezzi per tornire compiutamente i cangianti stati d’animo di Violetta.
Connessi al Opera
Francesco Bertini
Treviso, Teatro Comunale – Musica per il palato, con Jessica Pratt e Antonino Siragusa
Questa recensione si riferisce a Musica per il palato al Associazione Lirica Trevigiana.
Il soprano inglese, australiano d’adozione, offre una propria funambolica lettura di “Una voce poco fa” da Il barbiere di Siviglia, ma colpisce in particolare nel rondò finale “Tace la tromba altera” dalla rara Matilde di Shabran. Al cospetto della scrittura rossiniana, Pratt domina il pentagramma con piena padronanza e omogeneità d’emissione: tutta la zona acuta, cui s’aggiungono le frequenti puntature sopracute, è corposa e timbrata, i centri risultano sonori e sempre a fuoco, anche durante le agilità più serrate. Le medesime impressioni si hanno all’ascolto della cavatina della Comtesse Adèle “En proie à la tristesse” da Le Comte Ory. All’udire la naturalezza con la quale l’artista snocciola gli abbellimenti rossiniani, il teatro esplode in unanimi consensi e apprezzamenti.

Opera Click
Federica Faldetta
Palermo - Teatro Massimo: "Delirio", recital di Jessica Pratt
Questa recensione si riferisce a Delirio al Teatro Massimo.
i suoi armonici riempiono la sala grande del teatro inebriandoci con gli ultimi fuochi d’artificio e dimostrando fino alla fine che un’estrema padronanza della tecnica vocale unita ad un’intensa interpretazione genera un canto naturale e spontaneo.


Brani

Overture Don Pasquale

tratto da Don Pasquale di Gaetano Donizetti

Il faut partir

tratto da La fille du régiment di Gaetano Donizetti
Non disponibile in italiano
The Marquise de Birkenfeld finds that Marie is actually her niece and requires Marie to live with her at the Marquise's castle. Marie tells the regiment that she must leave them but that she does not want them to be unhappy. She explains the sadness that she will feel when she is away from them.
Testo
Il faut partir mes bons compagnons d'armes, Désormais, loin de vous m'enfuir! Mais par pitié cachez-moi bien vos larmes, Vos regrets pour mon coeur, hélas! Ont trop de charmes! Il faut partir! Ah! par pitié cachez-moi votre souffrance, Adieu! Il faut partir! Adieu! Vous que, dès mon enfance, Sans peine, j'appris à chérir, Vous, dont j'ai partagé le plaisir, La souffrance, au lieu d'un vrai bonheur, On m'offre l'opulence Il faut partir! Ah! par pitié cachez-moi votre souffrance, Adieu!

Una furtiva lagrima

tratto da L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti
Sinossi
È cantata da Nemorino nell'ottava scena del secondo atto, quando si accorge di una lacrima spuntata dagli occhi dell'amata Adina, e capisce di essere ricambiato: la donna si mostra gelosa che il giovane attragga le ragazze del paese, che in realtà lo corteggiano solo per l'eredità appena ricevuta, mentre Nemorino è convinto sia merito dell' "elisir d'amore" vendutogli da Dulcamara (in realtà soltanto una bottiglia di Bordeaux). L'aria è introdotta da un'arpa seguita poco dopo da un fagotto, che fornisce una sfumatura malinconica a tutta la melodia.
Testo
Una furtiva lagrima Negli occhi suoi spunto Quelle festosee giovani Invidiar sembro Che piu cercando io vo" M'ama, lovedo Un solo instante I palpiti Del suo bel cor sentir! I miei sospir, confondere Per poco a' suoi sospir! Cielo, si puo morir! Di piu con chiedo

Volgon tre lune... Torna torna o caro oggetto…

tratto da Rosmonda d'Inghilterra di Gaetano Donizetti
Testo
Volgon tre lune, ahi! lassa! e il dì ricorre, Il fatal dì, che in queste mura io gemo Di rimorso...d'amor... Oh! Tristo giorno Le mie lagrime accresce il tuo ritorno! O padre, o patrii colli, O mio dolce ritiro, ove tranquilla E innocente io vivea, Vi rivedrò più mai misera, e rea? O Edegardo! Edegardo! Se non tornassi più!... se i giuramenti Obliar tu potessi!... Ah più discaccio Quest'orrendo pensier, sempre più torna Alla mente atterrita!... Vieni, Edegardo mio, vieni, mia vita! Perchè non ho del vento L'infaticabil volo? Lunge in estraneo suolo, Ti seguirei, mio ben. Dove tu sei... sen volino I miei sospiri almen. Torna, torna, o caro oggetto, A bearmi d'un tuo sguardo: Vieni, o tenero Edegardo, I miei giorni a serenar. Ch'io riposi sul tuo petto! Ch'io ti parli ancor d'amore! I rimorsi del mio core Io potrò dimenticar...

Overture Il Pirata

tratto da Il Pirata di Vincenzo Bellini

Ah! non credea mirarti... Ah! non giunge

tratto da La Sonnambula di Vincenzo Bellini
Non disponibile in italiano
While sleepwalking, Amina prays for Elvino and then sings her sorrow. She remembers the engagement ring that he took from her when he believed she was unfaithful to him.
Testo
Ah,non credea mirarti si presto estinto, o fiore; passasti al par d'amore, che un giorno sol(o) duro. Potria novel vigore il pianto mio recarti ma ravvivar l'amore il pianto mio, ah no, non puo. Ah, non giunge uman pensiero al contento ond'io son piena: a miei sensi io credo appena; tu m'affida o mio tesor. Ah, mi abbraccia, e sempre insieme, sempre uniti in una speme, della terra, in cui viviamo ci formiamo un ciel d'amor.

Caro Elisir sei mio

tratto da L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti
Testo
Nemorino Caro elisir! Sei mio! Sì tutto mio... Com'esser dêe possente la tua virtù se, non bevuto ancora, di tanta gioia già mi colmi il petto! Ma perché mai l'effetto non ne poss'io vedere prima che un giorno intier non sia trascorso? Bevasi. Oh, buono! Oh, caro! Un altro sorso. Oh, qual di vena in vena dolce calor mi scorre!... Ah! forse anch'essa... Forse la fiamma stessa incomincia a sentir... Certo la sente... Me l'annunzia la gioia e l'appetito Che in me si risvegliò tutto in un tratto. (siede sulla panca dell'osteria: si cava di saccoccia pane e frutta: mangia cantando a gola piena) La ra, la ra, la ra. Scena ottava Adina e detto. Adina (Chi è quel matto? Traveggo, o è Nemorino? Così allegro! E perché?) Nemorino Diamine! È dessa... (si alza per correre a lei, ma si arresta e siede di nuovo) (Ma no... non ci appressiam. De' miei sospiri non si stanchi per or. Tant'è... domani adorar mi dovrà quel cor spietato.) Adina (Non mi guarda neppur! Com'è cambiato!) Nemorino La ra, la ra, la lera! La ra, la ra, la ra. Adina (Non so se è finta o vera la sua giocondità.) Nemorino (Finora amor non sente.) Adina (Vuol far l'indifferente.) Nemorino (Esulti pur la barbara per poco alle mie pene: domani avranno termine, domani mi amerà.) Adina (Spezzar vorria lo stolido, gettar le sue catene, ma gravi più del solito pesar le sentirà.) Nemorino La ra, la ra... Adina (avvicinandosi a lui) Bravissimo! La lezion ti giova. Nemorino È ver: la metto in opera così per una prova. Adina Dunque, il soffrir primiero? Nemorino Dimenticarlo io spero. Adina Dunque, l'antico foco?... Nemorino Si estinguerà fra poco. Ancora un giorno solo, e il core guarirà. Adina Davver? Me ne consolo... Ma pure... si vedrà. Nemorino (Esulti pur la barbara per poco alle mie pene: domani avranno termine domani mi amerà.) Adina (Spezzar vorria lo stolido gettar le sue catene, ma gravi più del solito pesar le sentirà.)

Oh! quante volte, oh quante!

tratto da I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini
Non disponibile in italiano
Giulietta worries because she does not know where Romeo has gone. She is in love with him and waits with ardor for him to come. She wishes to see his silhouette in the light of the day and hear his sigh which reminds her of the breeze.
Testo
Eccomi in lieta vesta...eccomi adorna... Come vittima all'ara. Oh! almen potessi Qual vittima cader dell'ara al piede! O nuzïali tede, Abborrite così, così fatali, Siate, ah! siate per me faci ferali. Ardo...una vampa, un foco Tutta mi strugge. Un refrigerio ai venti io chiedo invano. Ove se'tu, Romeo? In qual terra t'aggiri? Dove, dove invïarti i miei sospiri? Oh! quante volte, Oh! quante ti chiedo Al ciel piangendo Con quale ardor t'attendo, E inganno il mio desir! Raggio del tuo sembiante Parmi il brillar del giorno : L'aura che spira intorno Mi sembra un tuo respir.

Overture I Capuleti e i Montecchi

tratto da I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini

En proie à la tristesse

tratto da Le Comte d'Ory di Gioacchino Rossini
Testo
LA COMTESSE ADELE En proie à la tristesse, Ne plus goûter d’ivresse, Au sein de la jeunesse, Souffrir, gémir sans cesse, Voilà quel este mon sort. Se flétrir en silence, N’espérer que la mort, Hélas, quelle souffrance. O peine horrible! Vous que l’on dit sensible, Daignez, s’il est possible, Guérir le mal terrible Dont je me sens mourir! Soulagez ma douler, Rendez-moi le bonheur. CHOEUR Calmez tant de souffrance, Calmez tant de douleur! LA COMTESSE ADELE Faut-il mourir de ma souffrance? CHOEUR Et que votre science Lui rende le bonheur. LA COMTESSE ADELE Hélas, plus d’espérance! CHOEUR Calmez-tant de douleur! ISOLIER (à part, au Comte) Vous avez entendu sa touchante prière! Voici le vrai momenta, soyez à moi, mon père! LE COMTE ORY (à la Comtesse) Si dans mon assistance Vour avez confiance, Je puis en conscience Guérir votre douler. Du mal qui vous dévore La source est dans le coeur. Aimez, aimez encore Pour renaître au bonheur. LA COMTESSE ADELE D’un éternel veuvage Un serment fut le gage. Et j’irais le trahir? Plutôt, plutôt mourir. LE COMTE ORY Le ciel vous en dégage. Il ordonne que de vous jours La flamme se ranime Au flambeau des amour. LA COMTESSE ADELE Céleste providence, Je te bénis de ta clémence! O bon ermite - Votre mérite En mes beaux jours - Vivra toujours. ISOLIER et LE COMTE ORY Toujours, toujours. LA COMTESSE ADELE Votre mérite A mon secours - viendra toujours. Isolier, que ta présence Me fait naître un doux émoi. Cher Isolier, je veux t’aimer, Je ne veux aimer que toi. Déjà je sens - Les feux brûlants De la jeunesse - par la tendresse - Se rallumer.

Pourquoi me réveiller…

tratto da Werther di Jules Massenet
Sinossi
Non disponibile in italiano
Werther has come back to see Charlotte, his love who is married to another man. She shows him some of the books that they used to read together. One book in particular, a collection of Ossain's verses, sparks Werther to ask spring to cease its gentle caresses upon him, for sadness and grief is now his fate.
Testo
Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps? "W Pourquoi me réveiller? Sur mon front, je sens tes caresses Et pourtant bien proche est le temps des orages et des tristesses! Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps? Demain dans le vallon viendra le voyageur, Se souvenant de ma gloire première. Et ses yeux vainement chercheront ma splendor, Ils ne trouveront plus que deuil et que misère! Hélas! Pourquoi me réveiller, ô souffle du printemps?

Overture La Favorite

tratto da La Favorite di Gaetano Donizetti

Lucia perdona… Verranno a te sull’aure

tratto da Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti
Testo
EDGARDO Lucia, perdona se ad ora inusitata io vederti chiedea: ragion possente a ciò mi trasse. Prìa che in ciel biancheggi l'alba novella dalle patrie sponde lungi sarò. LUCIA Che dici? EDGARDO Pe' Franchi lidi amici sciolgo le vele; ivi trattar m'è dato le sorti della Scozia. LUCIA E me nel pianto abbandoni così? EDGARDO Prìa di lasciarti Ashton mi vegga...io stenderò placato a lui la destra e la tua destra, pegno fra noi di pace, chiederò. LUCIA Che ascolto! Ah, no...rimanga nel silenzio sepolto per or l'arcano affetto. EDGARDO Intendo! Di mia stirpe il reo persecutor, dei mali miei ancor pago non è! Mi tolse il padre, il mio retaggio avito. Né basta? Che brama ancor quel cor feroce e rio? La mia perdita intera? Il sangue mio? Egli m'odia... LUCIA Ah, no... EDGARDO M'aborre. LUCIA Calma, oh ciel, quell'ira estrema. EDGARDO Fiamma ardente in sen mi corre! M'odi. LUCIA Edgardo! EDGARDO M'odi e trema! Sulla tomba che rinserra il tradito genitore al tuo sangue eterna guerra io giurai nel mio furore. LUCIA Ah! EDGARDO Ma ti vidi, e in cor mi nacque altro affetto, e l'ira tacque. Pur quel voto non è infranto, io potrei, sì potrei compirlo ancor! LUCIA Deh! Ti placa. Deh, ti frena. EDGARDO Ah, Lucia! LUCIA Può tradirne un solo accento! Non ti basta la mia pena? Vuoi ch'io mora di spavento? EDGARDO Ah, no! LUCIA Ceda, ceda ogn'altro affetto, solo amor t'infiammi il petto; un più nobile, più santo, d'ogni voto è un puro amor, ah, solo amore, ecc. Cedi, cedi a me, cedi, cedi all'amor. EDGARDO Pur quel voto non è infranto, ecc. Io potrei compirlo ancor. (con subita risoluzione) Qui di sposa eterna fede, qui mi giura al cielo innante. Dio ci ascolta, Dio ci vede; tempio ed ara è un core amante; (ponendo un anello in dito a Lucia) al tuo fato unisco il mio, son tuo sposo. LUCIA (porgendo a sua volta il proprio anello ad Edgardo) E tua son io. EDGARDO e LUCIA Ah, soltanto il nostro foco spegnerà di morte il gel. LUCIA Ai miei voti amore invoco, ai miei voti invoco il ciel, ecc. EDGARDO Ai miei voti invoco il cielo, ecc. Separarci omai conviene. LUCIA Oh, parola a me funesta! Il mio cor con te ne viene. EDGARDO Il mio cor con te qui resta, ecc. LUCIA Ah, Edgardo, ah! Edgardo! EDGARDO Separarci omai convien. LUCIA Ah, talor del tuo pensiero venga un foglio messaggero, e la vita fuggitiva di speranze nutrirò. EDGARDO Io di te memoria viva sempre, o cara, serberò. LUCIA Ah! Verranno a te sull'aure i miei sospiri ardenti, udrai nel mar che mormora l'eco dei miei lamenti. Pensando ch'io di gemiti mi pasco e di dolor, spargi un'amara lagrima su questo pegno allor, ah, su questo pegno, ecc. EDGARDO Verranno a te sull'aure, ecc. EDGARDO e LUCIA Ah! Verranno a te sull'aure, ecc. EDGARDO Rammentati, ne stringe il ciel! EDGARDO e LUCIA Addio!

Overture Guillaume Tell

tratto da Guillaume Tell di Gioacchino Rossini

Ami alfine? E chi non ama?

tratto da Matilde di Shabran di Gioacchino Rossini
Testo
Ami alfine? E chi non ama? Ama l'aura, l'onda, il fiore. Se di te trionfa Amore Non ti devi vergognar. Agli affanni suoi segreti Son soggetti anche i guerrieri, Anche i medici e i poeti Son costretti a sospirar. Non è vero? Edoardo, Corradino, Ginardo, Aliprando e Raimondo Anzi è verissimo. Isidoro Ancor io dovetti amar, E sette anni singhiozzar, E fu cosa da crepar. Coro ed Egoldo Dunque al castel talora Verrem da voi, signora, E niun ci scaccierà? Eguale avete l'anima Del volto alla beltà. Matilde Tace la tromba altera, Spira tranquillità. Amor la sua bandiera Intorno spiegherà. Femmine mie, guardate: L'ho fatto delirar. Femmine, siamo nate Per vincere e regnar. IL Coro e gli Altri Le femmine son nate Per vincere e regnar.

Gaetano Donizetti

Domenico Gaetano Maria Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo, 8 aprile 1848) scrisse più di settanta opere, oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere del Donizetti oggi più sovente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, la Lucia di Lammermoor e il Don Pasquale. Con frequenza sono allestite anche La fille du régiment, La Favorite, la Maria Stuarda, l'Anna Bolena, la Lucrezia Borgia e il Roberto Devereux. Nato a Bergamo il 29 novembre 1797, fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Giovanni Simone Mayr e Francesco Salari. Fu proprio il Mayr ad aprire all'allievo prediletto le possibilità di successo, curandone prima la formazione e affidandolo poi alle cure di Stanislao Mattei. A Bologna, dove proseguiva gli studi musicali, il Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione. La rappresentazione "Enrico di Borgogna" a Venezia nel 1818, segnò il suo esordio teatrale. Firmato nel 1827 un contratto con l’impresario Domenico Barbaya, Donizetti si stabilì a Napoli, raggiungendo il grande successo con "Anna Bolena" ed "Elisir d’Amore". Nel 1829 era stato nominato direttore dei Teatri Reali di Napoli e, nel 1834, accettò la Cattedra di Composizione al Conservatorio della stessa città. Nel 1832, alla morte di Vincenzo Bellini, nonostante l'antipatia dimostrata in vita nei confronti del musicista, Donizetti gli dedicò una Messa da Requem. Nel 1835, Donizetti fece rappresentare a Napoli la "Lucia di Lammermoor" e, mentre la vita professionale del compositore andava a gonfie vele, venne colpito da una serie di lutti: in pochi mesi morirono il padre, la madre e la seconda figlia. Donizetti interruppe ogni sua attività in Italia per recarsi a Parigi, su consiglio di Gioachino Rossini. Nonostante la sfortuna continuasse a perseguitare il musicista con la morte della moglie e di un'altra figlia, Gaetano Donizetti curò il dispiacere e la solitudine componendo in pochi anni "Don Pasquale", "Don Sebastiano del Portogallo", "Linda di Chamounix", "Maria di Rohanna" e il "Conte di Chalais". Nel 1842 ricevette a Vienna l’ambita nomina di Maestro di Cappella di Corte, ma la sua salute, peggiorò sempre di più ed alla fine fu internato nel manicomio di Ivry-sur-Seine. Nel 1847, Donizetti,trasportato a Bergamo, fu accolto dai baroni Basoni Scotti, che lo assistettero fino alla morte, sopravvenuta l'8 Aprile 1848.

Vincenzo Bellini

Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, 23 settembre 1835) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento. Le sue opere furono dieci in tutto, più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani. Biografia Nato a Catania il 3 novembre 1801 da Rosario Bellini e da Agata Ferlito in un appartamento in affitto di Palazzo Gravina Cruyllas in Piazza San Francesco, Vincenzo fu figlio e nipote d'arte: il nonno Vincenzo Tobia Felice, originario di Torricella Peligna e all'epoca noto compositore di musiche sacre, già attivo a Petralia Sottana, fu scritturato da Ignazio Paternò Castello e pertanto si trasferì a Catania in via Santa Barbara. Il piccolo Vincenzo dimostrò precocemente un interesse nei confronti della musica e intorno all'età di 14 anni si trasferì a studiare dal nonno il quale ne intuì l'alta predisposizione verso la composizione. Intorno al 1817 la sua produzione si fa particolarmente intensa, per convincere il senato civico ad ottenere una borsa di studio per il perfezionamento da effettuarsi al Real Collegio di Musica di San Sebastiano, con una supplica datata al 1818. Nel 1819 ottenne la borsa di 36 onze annue grazie all'interesse dell'intendente del Vallo, il duca di Sammartino. Partì da Messina, ospite dello zio padrino Francesco Ferlito, il 14 giugno e giunse al porto di Napoli dopo cinque giorni di tempesta, scampando fortunosamente ad un naufragio. A Napoli fu allievo di Giacomo Tritto, ma conosciuto Nicola Antonio Zingarelli preferì seguire quest'altro, il quale lo indirizzò verso lo studio dei classici e il gusto per la melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami della scuola musicale napoletana. Tra i banchi del conservatorio ebbe come condiscepoli Saverio Mercadante ed il musicista patriota Piero Maroncelli, ma soprattutto conobbe il calabrese Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e dopo la morte, allorché Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di Napoli e sarà tra i primi biografi dell'amico prematuramente scomparso. In questo periodo Bellini compose musica sacra, alcune sinfonie d'opera e alcune arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine il cui testo è attribuito alla sua fiamma di allora, Maddalena Fumaroli, opera oggi nota solo nelle successive rielaborazioni per voce e pianoforte. Nel 1825 presentò al teatrino del conservatorio la sua prima opera, Adelson e Salvini, come lavoro finale del corso di composizione. L'anno dopo colse il primo grande successo con Bianca e Fernando, andata in scena al teatro San Carlo di Napoli col titolo ritoccato in Bianca e Gernando per non mancare di rispetto al principe Ferdinando di Borbone. L'anno seguente il celebre Domenico Barbaja commissionò a Bellini un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano. Partendo da Napoli, il giovane compositore lasciò alle spalle l'infelice passione per Maddalena Fumaroli, la ragazza che non aveva potuto sposare per l'opposizione del padre di lei, contrario al matrimonio con un musicista. Sia Il pirata (1827) che La straniera (1829) ottennero alla Scala un clamoroso successo: la stampa milanese riconosceva in Bellini l'unico operista italiano in grado di contrapporre a Gioachino Rossini uno stile personale da cui prende la bellezza proprio quest'ultimo, basato su una maggiore aderenza della musica al dramma e sul primato del canto espressivo rispetto al canto fiorito. Meno fortuna ebbe nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma per inaugurare il nuovo Teatro Ducale di Parma (oggi Teatro Regio di Parma) e la cui rappresentazione riscosse scarso successo. Lo stile di Bellini mal si adattava ai gusti del pubblico di provincia, più tradizionalista. Delle cinque opere successive, le più riuscite sono non a caso quelle scritte per il pubblico di Milano (La sonnambula, e Norma, entrambe andate in scena nel 1831) e Parigi (I puritani - 1835). In questo periodo compose anche due opere per il Teatro La Fenice di Venezia: I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò parte della musica scritta per Zaira, e la sfortunata Beatrice di Tenda (1833). La svolta decisiva nella carriera e nell'arte del musicista catanese coincise con la sua partenza dall'Italia alla volta di Parigi. Qui Bellini entrò in contatto con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Fryderyk Chopin, e il suo linguaggio musicale si arricchì di colori e soluzioni nuove, pur conservando intatta l'ispirazione melodica di sempre. Oltre ai Puritani, scritti in italiano per il Théâtre-Italien, a Parigi Bellini compose numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese, dimostrandosi pronto a comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi. Ma la sua carriera e la sua vita furono stroncate a meno di 34 anni da un'infezione intestinale probabilmente contratta all'inizio del 1830. Bellini fu sepolto nel cimitero Père Lachaise, dove rimase per oltre 40 anni, vicino a Chopin e a Cherubini. Nel 1876 la salma fu traslata nel Duomo di Catania. Nelle varie tappe che segnarono il ritorno in Patria, il feretro del compositore fu accolto ovunque con calore e commozione. Giunto infine nella sua città natale, vennero celebrate le solenni esequie, a cui parteciparono migliaia di catanesi, alcuni parenti del compositore (tra cui due fratelli ancora in vita), e una folta rappresentanza di autorità civili, militari e religiose. In onore del ritorno in Patria delle sue spoglie la sua città natale riprodusse l'Arco di Trionfo di Parigi in ricordo del soggiorno francese del musicista. La tomba fu realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara, mentre il monumento cittadino fu opera di Giulio Monteverde. Heinrich Heine lo descrive così: «Egli aveva una figura alta e slanciata e moveva graziosamente e in modo, starei per dire, civettuolo. Viso regolare, piuttosto lungo, d'un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati, pettinati a riccioli radi; fronte alta, molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri, pallidi; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di privo di carattere, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un'espressione di dolore». Secondo Heine, Bellini parlava francese molto male, anzi: «orribilmente, da cane dannato, rischiando di provocare la fine del mondo».

Gioacchino Rossini

La prima parte della sua vita fu come uno dei suoi celeberrimi, travolgenti crescendo (compose la prima opera all'età di quattordici anni); poi - come per iniziare una seconda esistenza - vennero il precoce ed improvviso abbandono del teatro, la depressione e il ritiro nella pace della campagna parigina di Passy, con molte pagine di musica ancora da scrivere. Nato a Pesaro il 29 febbraio 1792, tre mesi dopo la morte di Wolfgang Amadeus Mozart, il Cigno di Pesaro - come fu definito[2] - impresse al melodramma uno stile destinato a far epoca e del quale chiunque, dopo di lui, avrebbe dovuto tener conto; musicò decine di opere liriche senza limite di genere, dalle farse alle commedie, dalle tragedie alle opere serie e semiserie. La sua famiglia era di semplici origini: il padre Giuseppe - detto Vivazza (morto il 20 aprile 1839) - fervente sostenitore della Rivoluzione francese, era originario di Lugo (Ravenna) e suonava per professione nella banda cittadina e nelle orchestre locali che appoggiavano le truppe francesi d'occupazione; la madre, Anna Guidarini, era nata ad Urbino ed era una cantante di discreta bravura. In ragione delle idee politiche del padre, la famiglia Rossini fu costretta a frequenti trasferimenti da una città all'altra tra Emilia e Romagna. Così il giovane Rossini trascorre gli anni della giovinezza o presso la nonna o in viaggio fra Ravenna, Ferrara e Bologna dove il padre era riparato nel tentativo di sfuggire alla cattura dopo il restauro del governo pontificio. Dal 1802 la famiglia vive per qualche anno a Lugo; qui Gioachino apprende i primi rudimenti di teoria musicale nella scuola dei fratelli Malerbi. Successivamente la famiglia si trasferisce a Bologna. Ed è proprio nella città felsinea che Rossini inizia lo studio del canto (fu contralto e cantore all'Accademia filarmonica), del pianoforte e della spinetta presso il maestro Giuseppe Prinetti. Nel 1806, a quattordici anni, si iscrive al Liceo musicale bolognese, studia intensamente composizione appassionandosi alle pagine di Haydn e di Mozart (è in questo periodo che si guadagna l'appellativo di tedeschino), mostrando grande ammirazione per le opere di Cimarosa e scrive la sua prima opera (Demetrio e Polibio, che sarà rappresentata però soltanto nel 1812). Conosce Isabella Colbran, cantante lirica, maggiore di età, che sposerà a Castenaso il 16 marzo 1822 e da cui si separerà intorno al 1830.

Jules Massenet

Jules Massenet nacque il 12 maggio 1842 a Montaud, nei pressi di Saint-Étienne, nella Francia centrale, dodicesimo figlio di una famiglia di piccoli industriali. Per favorire la sua predisposizione alla musica, la sua famiglia si trasferì nella capitale dove fu avviato allo studio della musica dalla madre che lo iscrisse al Conservatorio di Parigi a soli nove anni quale allievo, fra gli altri, di Ambroise Thomas. Quando, tre anni dopo la sua famiglia, per ragioni economiche, lasciò Parigi, scappò per continuare i suoi studi per mantenersi ai quali suonò nei locali il pianoforte e la batteria, diede lezioni di musica, mentre perfezionava con studi accurati la sua formazione. Il suo duro lavoro è stato ripagato quando ha vinto il Prix de Rome nel 1863, che lo ha portato per tre anni a studiare a Roma dove, durante il suo soggiorno a villa Medici, compose la Messa da requiem a 8 voci, oltre a una raccolta di liriche, Poème d'avril, e a diversa musica sinfonica. Dopo alcuni viaggi di studio in Germania e Ungheria tornò a Parigi e si dedicò alla composizione ed iniziò a scrivere opere. La sua prima opera fu un atto unico - La grand' tante - eseguita all'Opéra-Comique nel 1867, che rivelò il suo spiccato talento per il teatro unito ad una facile, spontanea vena melodica. Ma il giovane compositore fu costretto a lasciare momentaneamente la musica per servire come soldato nella guerra franco-prussiana. Tornato alla sua arte dopo la fine del conflitto nel 1871, ritornò in pubblico nel 1873 con il dramma oratorio Marie-Madeleine, che ottenne l'elogio di musicisti del calibro di Tchaikovsky e Gounod e una larga fama di pubblico. Nel 1874 avviene la prima dell'operetta L'adorable Bel'-Boul' con il libretto di Louis Gallet nel Cercle des Mirlitons di Parigi. Nel 1877, all'Opéra di Parigi, Massenet rappresentò Le Roi de Lahore e l'anno dopo ottenne la cattedra di composizione al Conservatorio di Parigi dove ebbe fra i suoi allievi Gustave Charpentier, Reynaldo Hahn e Charles Koechlin. Jules Massenet continuò a comporre per il teatro lirico una trentina di opere, riscuotendo particolare successo con Erodiade nel 1881, con Manon nel 1884 - destinata a divenire una delle opere francesi più popolari dopo Carmen di Bizet - e con Werther, data alle scene nel 1892. Nonostante siano rimaste oggi in repertorio essenzialmente Manon e Werther, fra le sue opere vanno tuttavia anche ricordate Le Cid del 1885, Thais del 1894, Le jongleur de Notre-Dame del 1902 e Don Chisciotte del 1910 (che debuttò con il leggendario basso russo Feodor Chaliapin), le quali contengono tutte pagine di stupenda ambientazione lirico-drammatica e di solida costruzione musicale. Nel 1896 gli fu offerto il ruolo di Direttore del Conservatorio, ma non accettò l'incarico e si ritirò a vita privata. Morì a Parigi il 13 agosto 1912. Massenet oltre alle opere liriche ha composto anche musica per balletto, oratori e cantate, opere per sola orchestra e circa 200 canzoni. Musicista assai fertile, ebbe il dono di un raffinato talento per la melodia drammatica, esprimendo un lirismo puro, senza alcuna concessione alla retorica romantica, che sostenne sempre con un'architettura armonica ed un'orchestrazione di grande fascino e, al contempo, di grande rigore. Fu maestro e ispiratore di molti musicisti del primo novecento: oltre al già citato Gustave Charpentier, fra questi Gabriel Fauré, Vincenzo Ferroni ed altri, nonché, a parere di alcuni, Giacomo Puccini.

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