Lucia perdona… Verranno a te sull’aure
Testo
EDGARDO
Lucia, perdona se ad ora inusitata
io vederti chiedea: ragion possente
a ciò mi trasse. Prìa che in ciel biancheggi
l'alba novella dalle patrie sponde
lungi sarò.
LUCIA
Che dici?
EDGARDO
Pe' Franchi lidi amici
sciolgo le vele; ivi trattar m'è dato
le sorti della Scozia.
LUCIA
E me nel pianto
abbandoni così?
EDGARDO
Prìa di lasciarti
Ashton mi vegga...io stenderò placato
a lui la destra e la tua destra, pegno
fra noi di pace, chiederò.
LUCIA
Che ascolto!
Ah, no...rimanga nel silenzio sepolto
per or l'arcano affetto.
EDGARDO
Intendo! Di mia stirpe
il reo persecutor, dei mali miei
ancor pago non è! Mi tolse il padre,
il mio retaggio avito. Né basta?
Che brama ancor quel cor feroce e rio?
La mia perdita intera?
Il sangue mio?
Egli m'odia...
LUCIA
Ah, no...
EDGARDO
M'aborre.
LUCIA
Calma, oh ciel, quell'ira estrema.
EDGARDO
Fiamma ardente in sen mi corre!
M'odi.
LUCIA
Edgardo!
EDGARDO
M'odi e trema!
Sulla tomba che rinserra
il tradito genitore
al tuo sangue eterna guerra
io giurai nel mio furore.
LUCIA
Ah!
EDGARDO
Ma ti vidi, e in cor mi nacque
altro affetto, e l'ira tacque.
Pur quel voto non è infranto,
io potrei, sì potrei compirlo ancor!
LUCIA
Deh! Ti placa. Deh, ti frena.
EDGARDO
Ah, Lucia!
LUCIA
Può tradirne un solo accento!
Non ti basta la mia pena?
Vuoi ch'io mora di spavento?
EDGARDO
Ah, no!
LUCIA
Ceda, ceda ogn'altro affetto,
solo amor t'infiammi il petto;
un più nobile, più santo,
d'ogni voto è un puro amor,
ah, solo amore,
ecc.
Cedi, cedi a me, cedi, cedi all'amor.
EDGARDO
Pur quel voto non è infranto,
ecc.
Io potrei compirlo ancor.
(con subita risoluzione)
Qui di sposa eterna fede,
qui mi giura al cielo innante.
Dio ci ascolta, Dio ci vede;
tempio ed ara è un core amante;
(ponendo un anello in dito a Lucia)
al tuo fato unisco il mio,
son tuo sposo.
LUCIA
(porgendo a sua volta il proprio anello ad Edgardo)
E tua son io.
EDGARDO e LUCIA
Ah, soltanto il nostro foco
spegnerà di morte il gel.
LUCIA
Ai miei voti amore invoco,
ai miei voti invoco il ciel,
ecc.
EDGARDO
Ai miei voti invoco il cielo,
ecc.
Separarci omai conviene.
LUCIA
Oh, parola a me funesta!
Il mio cor con te ne viene.
EDGARDO
Il mio cor con te qui resta,
ecc.
LUCIA
Ah, Edgardo, ah! Edgardo!
EDGARDO
Separarci omai convien.
LUCIA
Ah, talor del tuo pensiero
venga un foglio messaggero,
e la vita fuggitiva
di speranze nutrirò.
EDGARDO
Io di te memoria viva
sempre, o cara, serberò.
LUCIA
Ah!
Verranno a te sull'aure
i miei sospiri ardenti,
udrai nel mar che mormora
l'eco dei miei lamenti.
Pensando ch'io di gemiti
mi pasco e di dolor,
spargi un'amara lagrima
su questo pegno allor,
ah, su questo pegno,
ecc.
EDGARDO
Verranno a te sull'aure,
ecc.
EDGARDO e LUCIA
Ah! Verranno a te sull'aure,
ecc.
EDGARDO
Rammentati, ne stringe il ciel!
EDGARDO e LUCIA
Addio!
Gaetano Donizetti
Domenico Gaetano Maria Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo, 8 aprile 1848) scrisse più di settanta opere, oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere del Donizetti oggi più sovente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, la Lucia di Lammermoor e il Don Pasquale. Con frequenza sono allestite anche La fille du régiment, La Favorite, la Maria Stuarda, l'Anna Bolena, la Lucrezia Borgia e il Roberto Devereux.
Nato a Bergamo il 29 novembre 1797, fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Giovanni Simone Mayr e Francesco Salari. Fu proprio il Mayr ad aprire all'allievo prediletto le possibilità di successo, curandone prima la formazione e affidandolo poi alle cure di Stanislao Mattei. A Bologna, dove proseguiva gli studi musicali, il Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione.
La rappresentazione "Enrico di Borgogna" a Venezia nel 1818, segnò il suo esordio teatrale. Firmato nel 1827 un contratto con l’impresario Domenico Barbaya, Donizetti si stabilì a Napoli, raggiungendo il grande successo con "Anna Bolena" ed "Elisir d’Amore".
Nel 1829 era stato nominato direttore dei Teatri Reali di Napoli e, nel 1834, accettò la Cattedra di Composizione al Conservatorio della stessa città.
Nel 1832, alla morte di Vincenzo Bellini, nonostante l'antipatia dimostrata in vita nei confronti del musicista, Donizetti gli dedicò una Messa da Requem.
Nel 1835, Donizetti fece rappresentare a Napoli la "Lucia di Lammermoor" e, mentre la vita professionale del compositore andava a gonfie vele, venne colpito da una serie di lutti: in pochi mesi morirono il padre, la madre e la seconda figlia. Donizetti interruppe ogni sua attività in Italia per recarsi a Parigi, su consiglio di Gioachino Rossini.
Nonostante la sfortuna continuasse a perseguitare il musicista con la morte della moglie e di un'altra figlia, Gaetano Donizetti curò il dispiacere e la solitudine componendo in pochi anni "Don Pasquale", "Don Sebastiano del Portogallo", "Linda di Chamounix", "Maria di Rohanna" e il "Conte di Chalais".
Nel 1842 ricevette a Vienna l’ambita nomina di Maestro di Cappella di Corte, ma la sua salute, peggiorò sempre di più ed alla fine fu internato nel manicomio di Ivry-sur-Seine.
Nel 1847, Donizetti,trasportato a Bergamo, fu accolto dai baroni Basoni Scotti, che lo assistettero fino alla morte, sopravvenuta l'8 Aprile 1848.
Vincenzo Bellini
Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, 23 settembre 1835) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento.
Le sue opere furono dieci in tutto, più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani.
Biografia
Nato a Catania il 3 novembre 1801 da Rosario Bellini e da Agata Ferlito in un appartamento in affitto di Palazzo Gravina Cruyllas in Piazza San Francesco, Vincenzo fu figlio e nipote d'arte: il nonno Vincenzo Tobia Felice, originario di Torricella Peligna e all'epoca noto compositore di musiche sacre, già attivo a Petralia Sottana, fu scritturato da Ignazio Paternò Castello e pertanto si trasferì a Catania in via Santa Barbara.
Il piccolo Vincenzo dimostrò precocemente un interesse nei confronti della musica e intorno all'età di 14 anni si trasferì a studiare dal nonno il quale ne intuì l'alta predisposizione verso la composizione. Intorno al 1817 la sua produzione si fa particolarmente intensa, per convincere il senato civico ad ottenere una borsa di studio per il perfezionamento da effettuarsi al Real Collegio di Musica di San Sebastiano, con una supplica datata al 1818.
Nel 1819 ottenne la borsa di 36 onze annue grazie all'interesse dell'intendente del Vallo, il duca di Sammartino. Partì da Messina, ospite dello zio padrino Francesco Ferlito, il 14 giugno e giunse al porto di Napoli dopo cinque giorni di tempesta, scampando fortunosamente ad un naufragio.
A Napoli fu allievo di Giacomo Tritto, ma conosciuto Nicola Antonio Zingarelli preferì seguire quest'altro, il quale lo indirizzò verso lo studio dei classici e il gusto per la melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami della scuola musicale napoletana. Tra i banchi del conservatorio ebbe come condiscepoli Saverio Mercadante ed il musicista patriota Piero Maroncelli, ma soprattutto conobbe il calabrese Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e dopo la morte, allorché Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di Napoli e sarà tra i primi biografi dell'amico prematuramente scomparso.
In questo periodo Bellini compose musica sacra, alcune sinfonie d'opera e alcune arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine il cui testo è attribuito alla sua fiamma di allora, Maddalena Fumaroli, opera oggi nota solo nelle successive rielaborazioni per voce e pianoforte.
Nel 1825 presentò al teatrino del conservatorio la sua prima opera, Adelson e Salvini, come lavoro finale del corso di composizione. L'anno dopo colse il primo grande successo con Bianca e Fernando, andata in scena al teatro San Carlo di Napoli col titolo ritoccato in Bianca e Gernando per non mancare di rispetto al principe Ferdinando di Borbone.
L'anno seguente il celebre Domenico Barbaja commissionò a Bellini un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano. Partendo da Napoli, il giovane compositore lasciò alle spalle l'infelice passione per Maddalena Fumaroli, la ragazza che non aveva potuto sposare per l'opposizione del padre di lei, contrario al matrimonio con un musicista.
Sia Il pirata (1827) che La straniera (1829) ottennero alla Scala un clamoroso successo: la stampa milanese riconosceva in Bellini l'unico operista italiano in grado di contrapporre a Gioachino Rossini uno stile personale da cui prende la bellezza proprio quest'ultimo, basato su una maggiore aderenza della musica al dramma e sul primato del canto espressivo rispetto al canto fiorito.
Meno fortuna ebbe nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma per inaugurare il nuovo Teatro Ducale di Parma (oggi Teatro Regio di Parma) e la cui rappresentazione riscosse scarso successo. Lo stile di Bellini mal si adattava ai gusti del pubblico di provincia, più tradizionalista. Delle cinque opere successive, le più riuscite sono non a caso quelle scritte per il pubblico di Milano (La sonnambula, e Norma, entrambe andate in scena nel 1831) e Parigi (I puritani - 1835). In questo periodo compose anche due opere per il Teatro La Fenice di Venezia: I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò parte della musica scritta per Zaira, e la sfortunata Beatrice di Tenda (1833).
La svolta decisiva nella carriera e nell'arte del musicista catanese coincise con la sua partenza dall'Italia alla volta di Parigi. Qui Bellini entrò in contatto con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Fryderyk Chopin, e il suo linguaggio musicale si arricchì di colori e soluzioni nuove, pur conservando intatta l'ispirazione melodica di sempre. Oltre ai Puritani, scritti in italiano per il Théâtre-Italien, a Parigi Bellini compose numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese, dimostrandosi pronto a comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi. Ma la sua carriera e la sua vita furono stroncate a meno di 34 anni da un'infezione intestinale probabilmente contratta all'inizio del 1830.
Bellini fu sepolto nel cimitero Père Lachaise, dove rimase per oltre 40 anni, vicino a Chopin e a Cherubini. Nel 1876 la salma fu traslata nel Duomo di Catania.
Nelle varie tappe che segnarono il ritorno in Patria, il feretro del compositore fu accolto ovunque con calore e commozione. Giunto infine nella sua città natale, vennero celebrate le solenni esequie, a cui parteciparono migliaia di catanesi, alcuni parenti del compositore (tra cui due fratelli ancora in vita), e una folta rappresentanza di autorità civili, militari e religiose. In onore del ritorno in Patria delle sue spoglie la sua città natale riprodusse l'Arco di Trionfo di Parigi in ricordo del soggiorno francese del musicista.
La tomba fu realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara, mentre il monumento cittadino fu opera di Giulio Monteverde.
Heinrich Heine lo descrive così: «Egli aveva una figura alta e slanciata e moveva graziosamente e in modo, starei per dire, civettuolo. Viso regolare, piuttosto lungo, d'un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati, pettinati a riccioli radi; fronte alta, molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri, pallidi; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di privo di carattere, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un'espressione di dolore». Secondo Heine, Bellini parlava francese molto male, anzi: «orribilmente, da cane dannato, rischiando di provocare la fine del mondo».
Gioacchino Rossini
La prima parte della sua vita fu come uno dei suoi celeberrimi, travolgenti crescendo (compose la prima opera all'età di quattordici anni); poi - come per iniziare una seconda esistenza - vennero il precoce ed improvviso abbandono del teatro, la depressione e il ritiro nella pace della campagna parigina di Passy, con molte pagine di musica ancora da scrivere.
Nato a Pesaro il 29 febbraio 1792, tre mesi dopo la morte di Wolfgang Amadeus Mozart, il Cigno di Pesaro - come fu definito[2] - impresse al melodramma uno stile destinato a far epoca e del quale chiunque, dopo di lui, avrebbe dovuto tener conto; musicò decine di opere liriche senza limite di genere, dalle farse alle commedie, dalle tragedie alle opere serie e semiserie.
La sua famiglia era di semplici origini: il padre Giuseppe - detto Vivazza (morto il 20 aprile 1839) - fervente sostenitore della Rivoluzione francese, era originario di Lugo (Ravenna) e suonava per professione nella banda cittadina e nelle orchestre locali che appoggiavano le truppe francesi d'occupazione; la madre, Anna Guidarini, era nata ad Urbino ed era una cantante di discreta bravura. In ragione delle idee politiche del padre, la famiglia Rossini fu costretta a frequenti trasferimenti da una città all'altra tra Emilia e Romagna.
Così il giovane Rossini trascorre gli anni della giovinezza o presso la nonna o in viaggio fra Ravenna, Ferrara e Bologna dove il padre era riparato nel tentativo di sfuggire alla cattura dopo il restauro del governo pontificio. Dal 1802 la famiglia vive per qualche anno a Lugo; qui Gioachino apprende i primi rudimenti di teoria musicale nella scuola dei fratelli Malerbi. Successivamente la famiglia si trasferisce a Bologna. Ed è proprio nella città felsinea che Rossini inizia lo studio del canto (fu contralto e cantore all'Accademia filarmonica), del pianoforte e della spinetta presso il maestro Giuseppe Prinetti.
Nel 1806, a quattordici anni, si iscrive al Liceo musicale bolognese, studia intensamente composizione appassionandosi alle pagine di Haydn e di Mozart (è in questo periodo che si guadagna l'appellativo di tedeschino), mostrando grande ammirazione per le opere di Cimarosa e scrive la sua prima opera (Demetrio e Polibio, che sarà rappresentata però soltanto nel 1812).
Conosce Isabella Colbran, cantante lirica, maggiore di età, che sposerà a Castenaso il 16 marzo 1822 e da cui si separerà intorno al 1830.
Jules Massenet
Jules Massenet nacque il 12 maggio 1842 a Montaud, nei pressi di Saint-Étienne, nella Francia centrale, dodicesimo figlio di una famiglia di piccoli industriali. Per favorire la sua predisposizione alla musica, la sua famiglia si trasferì nella capitale dove fu avviato allo studio della musica dalla madre che lo iscrisse al Conservatorio di Parigi a soli nove anni quale allievo, fra gli altri, di Ambroise Thomas. Quando, tre anni dopo la sua famiglia, per ragioni economiche, lasciò Parigi, scappò per continuare i suoi studi per mantenersi ai quali suonò nei locali il pianoforte e la batteria, diede lezioni di musica, mentre perfezionava con studi accurati la sua formazione. Il suo duro lavoro è stato ripagato quando ha vinto il Prix de Rome nel 1863, che lo ha portato per tre anni a studiare a Roma dove, durante il suo soggiorno a villa Medici, compose la Messa da requiem a 8 voci, oltre a una raccolta di liriche, Poème d'avril, e a diversa musica sinfonica. Dopo alcuni viaggi di studio in Germania e Ungheria tornò a Parigi e si dedicò alla composizione ed iniziò a scrivere opere.
La sua prima opera fu un atto unico - La grand' tante - eseguita all'Opéra-Comique nel 1867, che rivelò il suo spiccato talento per il teatro unito ad una facile, spontanea vena melodica. Ma il giovane compositore fu costretto a lasciare momentaneamente la musica per servire come soldato nella guerra franco-prussiana. Tornato alla sua arte dopo la fine del conflitto nel 1871, ritornò in pubblico nel 1873 con il dramma oratorio Marie-Madeleine, che ottenne l'elogio di musicisti del calibro di Tchaikovsky e Gounod e una larga fama di pubblico.
Nel 1874 avviene la prima dell'operetta L'adorable Bel'-Boul' con il libretto di Louis Gallet nel Cercle des Mirlitons di Parigi. Nel 1877, all'Opéra di Parigi, Massenet rappresentò Le Roi de Lahore e l'anno dopo ottenne la cattedra di composizione al Conservatorio di Parigi dove ebbe fra i suoi allievi Gustave Charpentier, Reynaldo Hahn e Charles Koechlin. Jules Massenet continuò a comporre per il teatro lirico una trentina di opere, riscuotendo particolare successo con Erodiade nel 1881, con Manon nel 1884 - destinata a divenire una delle opere francesi più popolari dopo Carmen di Bizet - e con Werther, data alle scene nel 1892.
Nonostante siano rimaste oggi in repertorio essenzialmente Manon e Werther, fra le sue opere vanno tuttavia anche ricordate Le Cid del 1885, Thais del 1894, Le jongleur de Notre-Dame del 1902 e Don Chisciotte del 1910 (che debuttò con il leggendario basso russo Feodor Chaliapin), le quali contengono tutte pagine di stupenda ambientazione lirico-drammatica e di solida costruzione musicale.
Nel 1896 gli fu offerto il ruolo di Direttore del Conservatorio, ma non accettò l'incarico e si ritirò a vita privata. Morì a Parigi il 13 agosto 1912.
Massenet oltre alle opere liriche ha composto anche musica per balletto, oratori e cantate, opere per sola orchestra e circa 200 canzoni.
Musicista assai fertile, ebbe il dono di un raffinato talento per la melodia drammatica, esprimendo un lirismo puro, senza alcuna concessione alla retorica romantica, che sostenne sempre con un'architettura armonica ed un'orchestrazione di grande fascino e, al contempo, di grande rigore. Fu maestro e ispiratore di molti musicisti del primo novecento: oltre al già citato Gustave Charpentier, fra questi Gabriel Fauré, Vincenzo Ferroni ed altri, nonché, a parere di alcuni, Giacomo Puccini.