La Sonnambula

di Vincenzo Bellini

Teatro dell'Opera di Roma http://www.operaroma.it

Roma
Sottotitoli in Italian e English
  • febbraio 2018
    18
    domenica
    20:00 > 23:00
    3 ore
  • febbraio 2018
    20
    martedì
    20:00 > 23:00
    3 ore
  • febbraio 2018
    23
    venerdì
    20:00 > 23:00
    3 ore
  • febbraio 2018
    25
    domenica
    16:30 > 19:30
    3 ore
  • febbraio 2018
    27
    martedì
    20:00 > 23:00
    3 ore
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La Sonnambula

Interpreti

Stampa e Recensioni

Amadeus
Anna Ficarella
Roma: Sonnambula come Alice nel Paese delle Meraviglie
Protagonista della serata è stata sicuramente l’impeccabile tecnica belcantistica di Jessica Pratt, un’Amina-bambola che, letteralmente, cresce e raggiunge una maggiore intensità (anche nel volume della voce, persino troppo poco esibita nel prima parte) solo nel secondo atto, quando finalmente la morbida fluidità della suo timbro riesce a infondere emozione alla melodia in “Ah, non creda mirarti”, commovendo gli ascoltatori.
Connessi all'Opera
Emiliano Metalli
Roma, Teatro dell’Opera – La sonnambula
L’Amina di Jessica Pratt, poi, è cristallina, misuratissima nei recitativi in cui sa commuovere con un sospiro, pirotecnica nelle cabalette dove non perde occasione di sfoggiare sovracuti penetranti, ma anche elegante e teneramente malinconica nei cantabili. La ricordo, alcuni anni or sono, in un concerto in Auditorium già padrona consapevole di uno strumento affascinante, la ritrovo oggi più matura, più attenta alla scansione delle parole, più controllata nel legato che la accompagna intatto anche nei pianissimi più arditi, ma sempre ugualmente affascinante.
Giornale della Musica
Mauro Mariani
La Sonnambula di Jessica Pratt
Questa Sonnambula ha una protagonista e si chiama Amina. Semplice ma vero. Jessica Pratt ha infatti dominato la scena dall’inizio alla fine, dapprima mettendo a frutto soprattutto la sua impeccabile tecnica belcantistica, che rispetto ai suoi esordi è diventata ancora migliore, più fluida e meno meccanica, più spontanea e meno esibita. Nel secondo atto, quando la temperie emotiva sale, anche la sua interpretazione cresce e raggiunge un vertice in “Ah, non credea mirarti“, proprio il pezzo apparentemente più semplice, in cui la capacità tecnica fa un passo indietro rispetto al dono di infondere emozione alla melodia e di toccare il cuore dell’ascoltatore.
Recensito
Alessandra Pratesi
"LA SONNAMBULA" DI BELLINI IN ANTEPRIMA AL TEATRO DELL'OPERA DI ROMA
Il soprano australiano non è nuova né al palco romano (già a Roma con “Lucia di Lammermoor” nel 2015 e con “Linda di Chamounix” nel 2016), né alle melodie belliniane (è cantando un’aria della Sonnambula che vince il concorso che dall’emisfero australe la porta alla città eterna). Sotto la direzione di Scappucci, e grazie alla destrezza che le deriva dai numerosi ruoli belcantistici interpretati, Pratt regala acuti limpidi in “Ah! Non credea mirarti”, di grazia e leggerezza cristalline nonostante le doti tecniche richieste dai passaggi.

Il Sussidiario
Giuseppe Pennisi
OPERA/ Bellini: "La sonnambula" in una casa di bambole
Jessica Pratt , anche se giovane, è una veterana di un ruolo molto impervio che ha trattato magnificamente sin dalla iniziale cavatina e trionfando in Ah! non credea mirarti/ si presto estinto o fiore e nel fantasmagorico rondò finale.
ANSA
Elisabetta Stefanelli
La Sonnambula, donne in casa di bambola
Molto intensa poi l'interpretazione di Jessica Pratt nei panni dell'ingenua Amina, parte difficilissima sia per l'impegno vocale che per quello della recitazione...
Città Nuova
Mario dal Bello
La bella favola di Sonnambula
L’edizione romana, pressoché integrale, ha il suo punto di forza nel soprano Jessica Pratt, splendida: pianissimi da sospiro, acuti mozzafiato, senso della linea melodica belliniana con i suoi “tempi rubati” e i virtuosismi giusti come specchio dell”anima.

Corriere della Sera
Valerio Cappelli
Jessica Pratt, una casa delle bambole per la regina del belcanto
Questa è la storia di Jessica Pratt, una regina del belcanto che per mantenersi, in Australia, serviva hamburger da McDonald’s. Dal 18 all’Opera canta La Sonnambuladi Bellini, sul podio Speranza Scappucci, nell’allestimento di Giorgio Barberio Corsetti che la vide protagonista due anni fa al Petruzzelli di Bari.
IERI, OGGI, DOMANI, OPERA!
Sara Feliciello
“AH! NON CREDEA MIRARTI”: INTERVISTA A JESSICA PRATT
Jessica Pratt è diventata un elemento importante per il repertorio del Belcanto, grazie a eccellente tecnica, doti da grande virtuosa, ma anche per la sensibilità e l’emotività con cui si approccia alle delicate eroine belcantiste. In questi giorni è al Teatro dell’Opera di Roma, in uno dei suoi cavalli di battaglia: Amina ne “La Sonnambula”, personaggio palpitante ed estremamente fragile. In una pausa tra le prove Jessica ci ha fatto il grande onore di raccontarci la sua Amina e il suo “essere” artista…

Composizione

La Sonnambula

Libretto scritto in italian da Felice Romani, messo in scena la prima volta di domenica il 06 marzo del 1831
La sonnambula è un'opera in due atti messa in musica da Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani. È considerata con I puritani e Norma uno dei tre capolavori del compositore catanese.
Sinossi
La scena rappresenta un villaggio della Svizzera. Epoca imprecisata. Atto I Quadro primo: Villaggio. In fondo al teatro si scorge il mulino di Teresa: un torrente ne fa girare la ruota. Si festeggiano le nozze fra Elvino ed Amina, un'orfana allevata dalla mugnaia Teresa. L'unica ad essere scontenta è l'ostessa Lisa, anch'essa innamorata del giovane possidente, che rifiuta le profferte amorose di Alessio, un altro giovane del villaggio. Al villaggio giunge un nobiluomo, che mostra di conoscere assai bene quei luoghi, ma che nessuno dei villici riconosce. Si tratta del conte Rodolfo, figlio del defunto signore del castello. Il gentiluomo, che si stabilisce nella locanda di Lisa, rivolge alcuni complimenti ad Amina, dicendole che il suo viso le ricorda quello di una donna che egli aveva conosciuto molti anni prima. Prima di salutarlo, i villici lo avvertono che il paese è popolato dalla sinistra presenza di un fantasma, ma il colto signore giudica le loro parole frutto di pura superstizione. Le lusinghe del Conte hanno frattanto destato la gelosia di Elvino che, rimasto solo con lei, rimprovera la futura sposa. Quadro secondo:Stanza nell'osteria. Di fronte una finestra: da un lato porta d'ingresso: dall'altro un gabinetto. Avvi un sofà e un tavolino. Nelle sue stanze, il conte Rodolfo è intento a corteggiare Lisa. Quando s'odono dei passi, l'ostessa fugge precipitosamente, ma prima riconosce Amina, che in stato di sonnambulismo sta recandosi nella stanza del Conte. La sonnambula si rivolge affettuosamente al nobiluomo, invocando il nome del futuro sposo, descrivendo rapita la prossima cerimonia delle sue nozze e infine chiedendogli di abbracciarla. Rodolfo dapprima non sa che fare. Il gentiluomo decide quindi di non approfittare della situazione e abbandona la stanza senza svegliare la sonnambula. Nel frattempo un gruppo di villici sopraggiunge alla locanda per salutare il conte (di cui ha finalmente scoperto l'identità); Lisa, maliziosamente, conduce tutti alla stanza di Rodolfo, dove sorprendono la giovane Amina adagiata sul divano. Lo sconcerto è generale. Elvino, sconvolto, rompe il fidanzamento, mentre la ragazza, destatasi, inconsapevole di quanto è accaduto, non può trovare parole per giustificarsi. Illustrazione di William de Leftwich Dodge (1899) Atto II Quadro primo: Ombrosa Valletta fra il Villaggio e il Castello. Mentre un gruppo di villici si reca dal Conte per convincerlo a prendere le sue difese, Amina cerca consolazione nell'affetto della madre. Amina si imbatte in Elvino che, straziato per gli avvenimenti, le ricorda come lo abbia reso il più infelice tra gli uomini e le strappa l'anello di fidanzamento. Quadro secondo: Villaggio come nell'atto I. In fondo al teatro si scorge il mulino di Teresa: un torrente ne fa girare la ruota. Invano il conte Rodolfo tenta di spiegare ai villici cosa sia il sonnambulismo e di far recedere Elvino dalle sue posizioni. Il giovane, per ripicca, ha ormai deciso di andare a nozze con l'ostessa Lisa. Il paese è quindi nuovamente in festa in vista di una nuova possibile cerimonia nuziale, ma quando Lisa ed Elvino passano davanti al mulino di Teresa, la donna accusa Lisa di essere incorsa nella stessa colpa attribuita ad Amina, portando come prova un fazzoletto appartenuto all'ostessa e trovato nella stanza del conte Rodolfo. Elvino si sente nuovamente tradito, quando fra la meraviglia generale, si vede Amina camminare in stato di sonnambulismo sul cornicione del tetto di casa. È la prova che il conte Rodolfo aveva ragione. Contemplando il fiore appassito che Elvino le aveva donato il giorno prima, la sonnambula canta il suo amore infelice ("Ah! non credea mirarti"), ascoltata da tutti, e quando si desta può finalmente riabbracciare l'amato Elvino. Il villaggio, nuovamente in festa, si prepara per le tante sospirate nozze.

Vincenzo Bellini

Breve biografia del compositore
Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, 23 settembre 1835) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento. Le sue opere furono dieci in tutto, più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani. Biografia Nato a Catania il 3 novembre 1801 da Rosario Bellini e da Agata Ferlito in un appartamento in affitto di Palazzo Gravina Cruyllas in Piazza San Francesco, Vincenzo fu figlio e nipote d'arte: il nonno Vincenzo Tobia Felice, originario di Torricella Peligna e all'epoca noto compositore di musiche sacre, già attivo a Petralia Sottana, fu scritturato da Ignazio Paternò Castello e pertanto si trasferì a Catania in via Santa Barbara. Il piccolo Vincenzo dimostrò precocemente un interesse nei confronti della musica e intorno all'età di 14 anni si trasferì a studiare dal nonno il quale ne intuì l'alta predisposizione verso la composizione. Intorno al 1817 la sua produzione si fa particolarmente intensa, per convincere il senato civico ad ottenere una borsa di studio per il perfezionamento da effettuarsi al Real Collegio di Musica di San Sebastiano, con una supplica datata al 1818. Nel 1819 ottenne la borsa di 36 onze annue grazie all'interesse dell'intendente del Vallo, il duca di Sammartino. Partì da Messina, ospite dello zio padrino Francesco Ferlito, il 14 giugno e giunse al porto di Napoli dopo cinque giorni di tempesta, scampando fortunosamente ad un naufragio. A Napoli fu allievo di Giacomo Tritto, ma conosciuto Nicola Antonio Zingarelli preferì seguire quest'altro, il quale lo indirizzò verso lo studio dei classici e il gusto per la melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami della scuola musicale napoletana. Tra i banchi del conservatorio ebbe come condiscepoli Saverio Mercadante ed il musicista patriota Piero Maroncelli, ma soprattutto conobbe il calabrese Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e dopo la morte, allorché Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di Napoli e sarà tra i primi biografi dell'amico prematuramente scomparso. In questo periodo Bellini compose musica sacra, alcune sinfonie d'opera e alcune arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine il cui testo è attribuito alla sua fiamma di allora, Maddalena Fumaroli, opera oggi nota solo nelle successive rielaborazioni per voce e pianoforte. Nel 1825 presentò al teatrino del conservatorio la sua prima opera, Adelson e Salvini, come lavoro finale del corso di composizione. L'anno dopo colse il primo grande successo con Bianca e Fernando, andata in scena al teatro San Carlo di Napoli col titolo ritoccato in Bianca e Gernando per non mancare di rispetto al principe Ferdinando di Borbone. L'anno seguente il celebre Domenico Barbaja commissionò a Bellini un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano. Partendo da Napoli, il giovane compositore lasciò alle spalle l'infelice passione per Maddalena Fumaroli, la ragazza che non aveva potuto sposare per l'opposizione del padre di lei, contrario al matrimonio con un musicista. Sia Il pirata (1827) che La straniera (1829) ottennero alla Scala un clamoroso successo: la stampa milanese riconosceva in Bellini l'unico operista italiano in grado di contrapporre a Gioachino Rossini uno stile personale da cui prende la bellezza proprio quest'ultimo, basato su una maggiore aderenza della musica al dramma e sul primato del canto espressivo rispetto al canto fiorito. Meno fortuna ebbe nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma per inaugurare il nuovo Teatro Ducale di Parma (oggi Teatro Regio di Parma) e la cui rappresentazione riscosse scarso successo. Lo stile di Bellini mal si adattava ai gusti del pubblico di provincia, più tradizionalista. Delle cinque opere successive, le più riuscite sono non a caso quelle scritte per il pubblico di Milano (La sonnambula, e Norma, entrambe andate in scena nel 1831) e Parigi (I puritani - 1835). In questo periodo compose anche due opere per il Teatro La Fenice di Venezia: I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò parte della musica scritta per Zaira, e la sfortunata Beatrice di Tenda (1833). La svolta decisiva nella carriera e nell'arte del musicista catanese coincise con la sua partenza dall'Italia alla volta di Parigi. Qui Bellini entrò in contatto con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Fryderyk Chopin, e il suo linguaggio musicale si arricchì di colori e soluzioni nuove, pur conservando intatta l'ispirazione melodica di sempre. Oltre ai Puritani, scritti in italiano per il Théâtre-Italien, a Parigi Bellini compose numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese, dimostrandosi pronto a comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi. Ma la sua carriera e la sua vita furono stroncate a meno di 34 anni da un'infezione intestinale probabilmente contratta all'inizio del 1830. Bellini fu sepolto nel cimitero Père Lachaise, dove rimase per oltre 40 anni, vicino a Chopin e a Cherubini. Nel 1876 la salma fu traslata nel Duomo di Catania. Nelle varie tappe che segnarono il ritorno in Patria, il feretro del compositore fu accolto ovunque con calore e commozione. Giunto infine nella sua città natale, vennero celebrate le solenni esequie, a cui parteciparono migliaia di catanesi, alcuni parenti del compositore (tra cui due fratelli ancora in vita), e una folta rappresentanza di autorità civili, militari e religiose. In onore del ritorno in Patria delle sue spoglie la sua città natale riprodusse l'Arco di Trionfo di Parigi in ricordo del soggiorno francese del musicista. La tomba fu realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara, mentre il monumento cittadino fu opera di Giulio Monteverde. Heinrich Heine lo descrive così: «Egli aveva una figura alta e slanciata e moveva graziosamente e in modo, starei per dire, civettuolo. Viso regolare, piuttosto lungo, d'un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati, pettinati a riccioli radi; fronte alta, molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri, pallidi; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di privo di carattere, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un'espressione di dolore». Secondo Heine, Bellini parlava francese molto male, anzi: «orribilmente, da cane dannato, rischiando di provocare la fine del mondo».
Jessica ha già figurato nelle seguenti opere dallo stesso compositore: Jessica figurerà nelle seguenti opere dello stesso compositore:

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